Il conflitto tra Israele e Hezbollah è sempre più vicino a trasformarsi in una guerra aperta. L’esercito israeliano continua a colpire le postazioni dei militanti islamisti nel sud del Libano, segnalando chiaramente di non voler interrompere la sua offensiva. Solo ieri, Israele ha lanciato attacchi su oltre 1’600 obiettivi, sostenendo di colpire esclusivamente basi di Hezbollah. Tuttavia, le autorità libanesi riportano quasi 500 morti e migliaia di feriti a causa degli attacchi.
Il Segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha avvertito del rischio che il Libano possa diventare una “nuova Gaza”, una minaccia che riecheggia nelle parole del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: “Se gli attacchi di Hezbollah contro Israele si intensificano, trasformeremo Beirut in Gaza”. Abbiamo chiesto al professor Hasni Abidi, esperto di Medio Oriente dell’Università di Ginevra, se è quello che sta succedendo in Libano.
“Se non c’è un’opzione diplomatica, dato che gli americani hanno già un piano per porre fine alla crisi, la situazione in Libano rischia di deteriorarsi ulteriormente e lo scenario di Gaza è del tutto possibile. In Libano, è stato lo stesso Benjamin Netanyahu a minacciare di estendere la portata della guerra al Libano. Il suo interesse è quello di rimanere al potere e ha bisogno di questa dinamica di guerra e conflitto per restarci. Allo stesso tempo, ha bisogno di segnare qualche punto in Libano di fronte allo status quo. A Gaza c’è una situazione di stallo e Netanyahu è favorevole a continuare la guerra. Soprattutto, sta approfittando di questa stagione elettorale negli Stati Uniti, dove non c’è pressione su di lui.”
Israele ha preso delle iniziative senza precedenti, a partire dall’esplosione dei cercapersone, agli attacchi pesantissimi di ieri. Gli alleati di Israele permettono questa potenza di fuoco e questo alto prezzo in termini di vittime civili per indebolire Hezbollah?
“Purtroppo, questa è la realtà. Gli americani oggi si oppongono al Consiglio di Sicurezza e quindi all’emissione di una risoluzione di condanna degli attacchi israeliani in Libano. È questo che ostacola il Consiglio di Sicurezza e impedisce alla comunità internazionale di agire. Gaza non è il Libano, ed è per questo che alcuni Paesi europei, come la Francia, non sono d’accordo con il sostegno incondizionato degli Stati Uniti, nemmeno per il Libano. Perché schiacciare Hezbollah è impossibile da decenni. Anche Israele ha annunciato l’intenzione di porre fine a Hezbollah. Non lo ha fatto, non è stato in grado di farlo. Quindi la soluzione non è solo militare. Netanyahu vuole che gli abitanti israeliani tornino nel nord e Hezbollah non vuole una zona cuscinetto; quindi, penso che ci sia sempre la possibilità di trovare una soluzione. Netanyahu si sta spingendo ancora più in là perché non ci sono freni, né vincoli che gli impediscano di allargare la portata del conflitto.”
E cosa sta facendo l’Iran in questo momento?
“È un’ottima domanda e credo che il problema sia proprio questo. Gli iraniani hanno capito che non possono sacrificare il loro programma nucleare e il progetto di migliorare le relazioni con Washington e, soprattutto, di tornare a negoziare dopo l’elezione di un nuovo presidente riformista. Ecco perché, finora, gli iraniani non hanno dato a Hezbollah il via libera all’uso del sofisticato arsenale militare che gli stessi iraniani hanno fornito a Hezbollah. Non hanno nemmeno rilasciato una dichiarazione importante a sostegno dei loro alleati. È la prima volta che si verifica una crisi di fiducia tra Hezbollah e il suo principale sponsor, l’Iran. E credo che gli americani, ma anche altri Paesi europei, stiano lavorando su questo. Come possiamo dissociare Hezbollah dall’Iran e come possiamo dissociare il campo di Gaza dal Libano? Questo è ciò che chiamiamo unità dei fronti. Gli israeliani e gli americani non vogliono che Hezbollah mostri il suo sostegno ad Hamas a Gaza.”
Dunque, l’asse della resistenza, composto da Iran, Hezbollah, Hamas, Houthi dello Yemen, è in crisi?
“L’asse della resistenza è in difficoltà. Sta attraversando un periodo molto difficile, anche se abbiamo visto le milizie sciite in Iraq sostenere Hezbollah. Ma non è così per tutti gli altri attori, soprattutto per il primo, quello che dà gli ordini, l’Iran. È un momento interessante da seguire.”
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