Reportage

Libano, dentro il quartier generale di Hezbollah

Nella periferia di Beirut durante il discorso del segretario generale Hassan Nasrallah, tra bandiere gialle, uomini e donne vestite di nero e discorsi infuocati contro Israele

  • 30 maggio, 05:46
  • 30 maggio, 05:47
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Haret Hreik, il volto di Hassan Nasrallah e quello dei suoi alleati sono ovunque

  • RSI
Di: Naima Chicherio, inviata RSI in Libano

Ad Haret Hreik, il volto di Hassan Nasrallah e quello dei suoi alleati sono ovunque. Da soli, a due e talvolta tutti insieme, il segretario generale di Hezbollah, il presidente siriano Assad, lo yemenita Abdul Malik al Houthi e gli altri leader sciiti viventi indicano che si è nella Dahieh, la periferia a sud di Beirut. Ed è un altro mondo. Oggi, giorno di preghiere e discorsi, non sembra neppure più Libano perché è come essere in Iran, effigie dell’ayatollah Khamenei inclusa anche se meno diffusa rispetto a quella degli altri eroi. Così vengono chiamati sugli striscioni.  

Per le strade è il caos, ma dopo il primo cancello, la folla viene riordinata, nessuno spinge o esce dal percorso segnato dai blocchi di cemento. Tutto dritto, dove son diretti in gruppo gli scout di Hezbollah e i membri del partito che al collo hanno il foulard giallo, vanno gli uomini, compreso Hisham, che in Libano mi aiuta con gli spostamenti. 

La porta principale non è per le donne, che vanno a destra, verso un’entrata secondaria, ma solo dopo aver attraversato una tendina e i controlli della polizia di Hezbollah. Tutte, ma proprio tutte le donne, agenti e non, sono nere dalla testa ai piedi, con il tipico lungo hijab della Repubblica islamica. Un altro mondo, appunto, che nulla ha a che vedere con la splendida diversità della capitale. 

Pensare a Marjane Satrapi, la fumettista di Persepolis, mi strappa un sorriso, che perderò poco dopo, all’entrata del complesso al-Shuhdadaa, luogo di culto in cui vengono proiettati i discorsi di Nasrallah. Arrivo al metal detector, com’è normale che sia, e ad altri controlli che però stavolta non supero con l’impressione che neppure loro sappiano esattamente cosa fare di me. 

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Le donne sono tutte vestite di nero, dalla testa ai piedi

  • RSI

La tessera internazionale dei giornalisti non basta. Un’autorizzazione dell’ufficio stampa del partito neanche. Il registratore radio, più piccolo di un telefonino, è sospetto e va controllato, così almeno dicono mentre vengo scortata fuori dal perimetro, oltre la tendina – dove vengo consegnata a due ragazzi, nerovestiti anche loro e con le radioline – e oltre i cancelli, un paio di isolati più in là, fino a un cortile che sembra solo un posteggio e con alcuni uomini che rispondono “nz” a tutte le mie pochissime domande. 

“Amen”, penso. Anzi, “Halas, tornerò a casa senza aver assistito al discorso”. Scrivo a Hisham. Lui è entrato. Attendo e dopo 50 minuti circa, e poteva andare molto peggio, mi scortano nuovamente al Shuhdadaa, in cui entro dall’entrata principale con la proibizione di scattare delle foto, ma la libertà di registrare i suoni e intervistare chiunque. Hassan Nasrallah, che ha invitato tutti a pregare per sua madre che è appena deceduta, ha finito di ringraziare una folla di oltre 1’500 persone che inneggiano al loro leader.

È impressionante. 

Percorro tutta la zona riservata agli uomini, incredibilmente trovo Hisham, che ha una sedia lungo il corridoio, e vengo invitata a sedermi sotto le telecamere dei giornalisti di Hezbollah, giusto dietro i dignitari, in posizione ideale per guardare lo schermo. Qualcuno mi allunga una bottiglietta d’acqua. Sono l’unica occidentale e mi viene da ridere e tanto, ma neppure stavolta troppo a lungo. 

Nasrallah parla per un’altra buona mezz’ora. La folla reagisce, annuendo, solo quando dichiara che non bisogna mescolare politica e religione. “Se non è questa la strada verso lo sciismo politico all’iraniana, non so più cosa credere”, penso. C’è il silenzio totale, invece, quando si sofferma, e lo fa lungamente, sui corpi martoriati dei palestinesi di Rafah o quando promette di distruggere Israele. 

Alla fine del discorso, tanti si fermano a riordinare le sedie e, donne e uomini, sono disposti a dire cosa rappresenta per loro Hassan Nasrallah, dipinto con passione come l’unico detentore della verità. 

Rafah, mezzi blindati in movimento

Telegiornale 28.05.2024, 12:30

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