“Siamo accerchiati qui. Abbiamo Israele su tre lati e a nord ci sono due villaggi sciiti da cui partono razzi e su cui cadono bombe”. Abuna Najib, il prete di Rmeich, ride nervosamente e tossisce di continuo perché è un fumatore incallito. Offre le sue sigarette con fierezza ogni due per tre. “Sono le nostre, sono fatte col nostro tabacco, sono buone sigarette, qui è pieno di coltivazioni, ma quest’anno il raccolto non sta andando molto bene e neanche quello delle olive. La gente ha paura, molti campi sono troppo vicini alla Linea blu. Per fortuna ci aiuta la Chiesa”.
La Blue line non è un vero confine perché un confine qui, fra Libano e Israele, non c’è mai stato. È una linea di demarcazione tracciata nel 2000 dalle Nazioni Unite dopo il ritiro israeliano che ha messo fine a 18 anni di occupazione. Oggi è il fronte di una guerra da cui il villaggio non vuole essere inghiottito. I combattenti di Hezbollah sono prevalentemente sciiti e qui sono tutti cristiani che non possono stare a guardare, ma devono resistere.
“In questa regione di villaggi cristiani ce ne sono quattro. Rmeich, Ein Ebel e Debel sono stati risparmiati finora, ma non Qaouzah perché Hezbollah è arrivato, è entrato nelle case e ha installato ovunque la sua rete telefonica. Parlo di fili, non parlo della rete mobile. E appena escono dalle case, ecco che Israele li colpisce”.
Chiediamo a Hezbollah di non venire qui, altrimenti Israele ci colpirebbe
Abuna Najib, prete di Rmeich (Libano)
Il partito islamista ha iniziato a costruire la sua rete fissa un ventennio fa e da allora cerca di estenderla anche se è considerata illegale dallo Stato libanese, che a causa sua perde ogni anno milioni di franchi. Molti cittadini, a sud soprattutto, preferiscono però usare la telefonia di Hezbollah perché Israele intercetterebbe più facilmente quella ufficiale, che sia fissa o mobile. I combattenti, ma non solo loro, sono spiati e annientati.
I giovani di Rmeich fanno ronde notturne e se vedono stranieri avvertono subito i municipali o la parrocchia. “Chiediamo agli sciiti di non venire qui, di non lanciare i loro razzi dal nostro centro abitato. Possono andare nei campi, c’è un chilometro e mezzo da qui al fronte, un sacco di spazio”.
Rmeich, villaggio cristiano in Libano al confine con Israele
Ogni scambio avviene in toni gentili, senza litigare, tiene a precisare Abuna Najib, che cerca di proteggere la sua popolazione come può. “I preti qui devono fare i padri di tutti”, dice preoccupato. Le possibilità non sono molte, o tieni i combattenti lontani dal villaggio o finisci in macerie come a Gaza e in altri villaggi qui vicini, che la tv non fa vedere perché dimostrerebbe che Hezbollah non è davvero in grado di difendere i libanesi come sostiene il loro leader, Hassan Nasrallah.
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Rmeich resiste e cerca di non dar fastidio agli sciiti, con cui potrebbe esserci una nuova e più stretta forma di convivenza in futuro, ma neanche a Israele, che qui potrebbe instaurare una safe zone, una fascia di sicurezza disabitata e sorvegliata risparmiando, forse, i villaggi cristiani.
Guerra in Libano, la serie
SEIDISERA Magazine 04.06.2024, 18:46
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