In Sudan entra oggi nel terzo anno il conflitto scoppiato per la rivalità tra le Forze armate sudanesi (SAF) e i paramilitare delle cosiddette “Forze di supporto rapido” (Rapid support forces, RSF).
Un conflitto che dopo due anni ha provocato almeno 13 milioni di profughi: si stimano 10 milioni di sfollati interni e tre milioni di rifugiati nei Paesi vicini.
Un drone riprende un convoglio del Programma alimentare mondiale mentre si sposta verso un campo rifugiati in Darfur
Ma oltre la metà della popolazione è a rischio fame in quella che oggi è una delle più gravi crisi umanitarie a livello internazionale. L’esercito regolare ha ripreso nelle scorse settimane la capitale Khartoum, mentre gli scontri si concentrano nella regione occidentale del Darfur.
La RSI ha avuto un raro accesso nella regione di Genina e Zalingei per alcuni giorni. È lì che stanno arrivando molti sfollati in fuga dall’avanzata dell’esercito nella zona di Khartoum. Molti di questi civili sono considerati dai militari delle forze sudanesi “sostenitori” della RSF e vengono presi di mira. Tra chi è arrivato in questo periodo in Darfur – in fuga da Khartoum – ci sono comunque anche molte famiglie dei paramilitari delle RSF.
Un soldato dell'esercito regolare sudanese nei pressi della capitale Khartoum
Il paradosso è che queste persone ora vanno ad occupare le case semi-distrutte e derubate da cui sono stati cacciati gli abitanti nella prima fase del conflitto: dall’aprile 2023 le RSF hanno assaltato e massacrato le comunità autoctone – in particolare le tribù dei Masalit, Fur e Zagawa, cacciando centinaia di migliaia di persone dalle proprie abitazioni. E quelle case, adesso, vengono occupate da altri che scappano dalla guerra, in una sorta di circolo vizioso senza fine di fuga e violenza. E in diversi casi, sono le stesse famiglie dei paramilitari RSF che hanno commesso quei crimini.
I rifugiati sudanesi intanto vivono ormai da due anni a poche decine di chilometri dal confine, in Ciad, accampati soprattutto in un gigantesco campo profughi privo di qualsiasi infrastruttura ad Adre, sulla frontiera.
Dopo aver subito violenze su ampia scala, hanno paura di tornare nelle proprie città in Darfur.
2 anni di guerra in Sudan
SEIDISERA 15.04.2025, 18:00
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La guerra civile in Sudan
Da due anni il Sudan è devastato da una guerra civile tra due forze armate rivali: l’esercito regolare sudanese e un potente gruppo paramilitare, le Forze di supporto rapido (RSF). I due schieramenti erano un tempo alleati: nel 2021 avevano preso insieme il potere con un colpo di Stato. Ma quell’alleanza si è presto spezzata, e dal 2023 sono in guerra per il controllo del Paese.
Il conflitto ha avuto alcuni dei suoi scontri più feroci nella capitale, Khartoum, una città lungo il Nilo. Le RSF hanno inizialmente preso il controllo quasi totale della capitale, ma da sette mesi l’esercito ha lanciato una controffensiva, riconquistando diversi quartieri e, il mese scorso, anche il palazzo presidenziale.
Anche nel Darfur, regione già segnata da gravi violenze negli anni 2000, la situazione è drammatica. Oggi quasi tutta l’area è sotto il controllo delle RSF, che assediano da oltre un anno El Fashir, l’ultima grande città della regione ancora in mano all’esercito regolare.
Entrambe le parti sono state accusate di crimini di guerra da organizzazioni per i diritti umani e dalle Nazioni Unite. L’esercito è responsabile di bombardamenti indiscriminati contro mercati affollati, spesso nel Darfur. Le RSF sono invece accusate di pulizia etnica e genocidio.