di Massimiliano Angeli
Un profugo siriano massacrato a colpi di catena dai neonazisti greci di Alba Dorata; adolescenti afghani senza genitori, pronti a saltare sulle navi per l'Europa; un "mausoleo" sulla costa tunisina, fatto con le scarpe e i vestiti dei migranti che hanno perso la vita in mare. Riportano alla mente i tempi più bui del '900 molti degli scatti che Mattia Insolera ha prodotto negli ultimi sette anni, documentando con la sua macchina fotografica quello che succede nel Mediterraneo, il dramma dei migranti in fuga, le contaddizioni dell'Occidente. Un lavoro oggi raccolto in un libro-progetto: 6th Continent (in esposizione anche al Festival internazionale di fotografia Cortona On The Move, fino al 27 settembre 2015).
Le immagini scattate da Mattia Insolera per 6th Continent
La RSI ha incontrato il fotografo italiano (noto per un secondo posto al "World Press Photo" 2008 nella categoria "daily life" e per una menzione d'onore agli "International Photography Awards") per farsi raccontare il Mare Nostrum anno zero, il "sesto continente" che si è trasformato da ponte tra culture a "luogo divisivo". GUARDA LA VIDEO-INTERVISTA
Il Mediterraneo oggi, secondo Mattia Insolera
RSI Info 22.09.2015, 17:13
"Lavorando al progetto 6th Continent ho visto il Mediterraneo trasformarsi in una frontiera, in una barriera - spiega Insolera -. Oggi non ci sono più commerci e scambi di idee ma piuttosto due unici movimenti: quello dei turisti da Nord a Sud (per tre mesi l'anno) e quello dei profughi e migranti, in senso contrario. Due realtà che ogni tanto si sfiorano, con esiti surreali, come abbiamo visto di recente nelle news arrivate dalle isole greche".
"Molti politici, rimasti fermi agli anni '90, parlano di migranti economici che cercano una vita migliore e vogliono rubarci il lavoro. Non capiscono, invece, che siamo di fronte a una delle più grandi crisi umanitarie degli ultimi secoli, causata da guerre e persecuzioni", sottolinea.
Insolera è convinto che sia stato giusto pubblicare la foto di Aylan, il bimbo siriano annegato al largo delle coste turche ma invita a riflettere: avrebbe avuto lo stesso effetto se la vittima non fosse stata bianca e vestita come i nostri figli? "Dobbiamo evitare, invece, la denuncia generica, non dettagliata, che crea solo rumore, pornografia del dolore e assuefazione - dichiara -. Le immagini shok inutili sono quelle prive di contestualizzazione, come molte pubblicità di ONG che ci sbattono in faccia l'immagine di un bimbo africano di cui non sappiamo il nome o da che paese viene..."
"Anch'io avrei scattato la foto al bimbo annegato"
RSI Info 20.09.2015, 19:05
Insolera si definisce un fotografo della realtà, un documentarista e spiega che il suo mestiere è cambiato, non solo per la crisi che ha ridimensionato i budget a disposizione dei media per commissionare i reportage: "Con internet, social network e smartphone siamo tutti un po' reporter. Da una parte il professionista subisce la concorrenza dei dilettanti che regalano le foto ai giornali, al tempo stesso può diventare agenzia ed editore di sè stesso grazie al crowdfunding (raccolta fondi), come ho fatto io".
"L'indipendenza del fotografo? Passa per il crowdfunding"
RSI Info 20.09.2015, 19:05