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Messico: la nuova entrata dei semiconduttori

Come la geopolitica e la pandemia stanno cambiando una delle industrie più strategiche

  • 10 gennaio 2023, 20:13
  • 24 giugno 2023, 03:11

Semiconduttori, un'occasione per il Messico

SEIDISERA 10.01.2023, 19:30

  • reuters
Di: Laura Daverio

Nel settembre scorso, il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken, in visita ufficiale a Città del Messico, invitò il Presidente Lopez Obrador a prendere parte a un progetto di investimenti per lo sviluppo dell’industria dei semiconduttori, stimato a 50 miliardi di dollari.

La notizia creò grandi aspettative, poi rientrate di fronte agli ostacoli emersi tra i due paesi. Si guarda adesso al Summit dei Leader dell’America del Nord, che ha riunito lunedì e martedì Joe Biden, Justin Trudeau, Andres Manuel Lopez Obrador nella capitale messicana per negoziare su molti temi di comune interesse, semiconduttori inclusi.

I semiconduttori sono materiali per la conduzione elettronica, fabbricati in formato miniatura facendo uso di alta tecnologia. Necessitano enormi investimenti sia finanziari che in capitale umano, oltre che a consumare una gran quantità di energia e di acqua.

Un mondo senza semiconduttori è un mondo in cui ogni apparato elettronico non può funzionare. Il 60% di tutta la produzione mondiale si concentra a Taiwan, un altro 19% in Corea del Sud. Ogni rischio che corre la catena di distribuzione crea panico sui mercati. Ed è quello che è successo in seguito alla pandemia. C’è poi la delicata posizione geopolitica di Taiwan, proprio quest’estate al centro di alte tensioni tra l’isola, la Cina Popolare e gli Stati Uniti. La guerra commerciale tra le due super potenze ha poi spinto entrambe ad investire in una strategia per garantire la produzione sul proprio territorio.

Nell’agosto scorso l’amministrazione Biden ha passato la Science and Chip Act, autorizzando ben 280 miliardi di dollari da investire nello sviluppo dell’industria. Questo insieme alla strategia di nearshoring, ovvero spostare produzioni in paesi alleati e vicini geograficamente. Nasce per limitare la dipendenza dalla Cina e ha visto il Messico emergere come destinazione privilegiata per nuovi investimenti.

Il Nord del Messico è già una base produttiva per gli Stati Uniti, includendo industrie come quella aerospaziale e quella automobilistica. Un accordo per aprire qui una parte della fabbricazione dei semiconduttori porterebbe vantaggi ad entrambi. Per il Messico vorrebbe dire sviluppare un’industria di alto livello tecnologico, fonte di ricchezza e opportunità di posti di lavoro di alta qualità. Per gli Stati Uniti puntare su un paese alleato al confine risolverebbe un gran numero di problemi, dal semplificare la logistica fino a cambiare equilibri geopolitici.

Una situazione win-win sulla carta, ma meno in pratica. Gli investimenti stranieri vivono una situazione di incertezza sotto l’amministrazione di Lopez Obrador, che all’inizio della presidenza ha cancellato importanti progetti, nonostante gli impegni presi con investitori privati e stranieri. Oltre a questo ha bloccato investimenti nel settore energetico, puntando alle imprese statali, che però hanno già difficoltà a fornire energia alle imprese sul territorio. Ha poi dato la priorità allo sfruttamento delle risorse fossili, un impedimento a grandi investimenti di compagnie che devono adempiere a impegni ambientali. In ultimo si aggiunge la scarsità naturale d’acqua disponibile sul territorio. Il Messico si trova così in una situazione di grande potenziale, ma bloccato da problemi ambientali e scelte politiche.

Se è poco probabile che una soluzione finale si raggiunga al Summit, si potrebbero annunciare progressi. E questo avrebbe un’influenza ben oltre i confini dei tre paesi al tavolo delle negoziazioni.

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