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"Non sarei mai salito sul Titan"

Sulla vicenda dell’implosione del minisommergibile parla l’ingegnere e inventore italo-svizzero che da Balerna ha conquistato i mari con i suoi ROV subacquei

  • 23.06.2023, 17:05
  • 11.09.2023, 14:25
03:27

L'implosione del sommergibile Titan: le considerazioni dell'ingegner Guido Gay, nell'intervista realizzata da Mattia Pacella

RSI New Articles 23.06.2023, 17:00

  • TG/Mattia Pacella

Guido Gay è uno dei pionieri e massimi esperti nelle ricerche subacquee. Con la sua azienda di Balerna la “Idrobotica” ha inventato una specie di mini-drone sottomarino, utilizzato nelle operazioni di monitoraggio e sminamento nei mari da oltre una ventina di Paesi al mondo. Da più 40 anni Gay scandaglia i mari anche alla ricerca di relitti ma non solo. L’ultimo ritrovamento è quello della “Principe Umberto” la nave da trasporto silurata l’8 giugno 1916 che, con 1'926 vittime, costituisce la più grave tragedia navale italiana di sempre. Con il suo ROV denominato PLUTO Guida, Gay l’ha individuata nel canale d’Otranto l’anno scorso. E Gay, conosce bene i materiali con cui è stato prodotto il Titan.

Ingegner Gay. Partiamo dalle ipotesi che oggi sono sul tavolo. Si parla di implosione. Lei come la vede?

“Il fatto che il Titan fosse costruito in fibra di carbonio con un diametro così grande, mi ha messo in forte dubbio e sospetto sin da subito. Questo perché la costruzione deve essere fatta con criteri molto accurati, nel senso che bisogna saperlo costruire con estrema precisione perché il materiale non è omogeneo. Resiste bene alle alte pressioni solo se le fibre sono orientate nel modo giusto. E fare in modo che le fibre siano orientate nel modo giusto è difficile. Uno scafo del genere bisogna costruirlo bene dall'inizio, perché poi dopo non è controllabile. Se lei ha uno scafo in materiale omogeneo di acciaio, per esempio, con la radiografia e con sistemi acustici si può andare a vedere se ci sono dei difetti. Con la fibra di carbonio non è possibile. Se ci sono dei difetti non si vedono, creano crepe sempre maggiori. E poi a un certo punto c'è il cedimento improvviso.

Quali sono i problemi?

Si formano due difetti fondamentali. Uno è quello del cattivo orientamento delle fibre che a volte si arricciano; e quando si arricciano non resistono più, come se non ci fossero. E l'altro problema, invece, sono le delaminazioni progressive, per cui uno scafo, anche costruito bene, subisce una certa fatica, quindi può andare a 4'000 metri, una volta, due, tre, dieci volte. Dopo l'undicesima volta si rompe. E questo credo che sia quello che è successo al Titan.

Quindi, in sostanza lei mi sta dicendo che si tratta di un'implosione dovuta alla pressione e al conseguente cedimento della struttura?

“Sì, direi di sì. E questo è anche confermato dalla modalità, cioè dall'interruzione improvvisa di tutte le comunicazioni e dal non funzionamento dei sistemi di emergenza. Il sottomarino ha una zavorra che può essere rilasciata in caso di problemi. Quindi, anche quando tutto si spegne, tutto si interrompe, c'è la possibilità di riemergere, sempre che lo scafo sia integro. Direi che l'ipotesi di implosione è quasi certa. Guardi, noi abbiamo in fabbrica delle autoclavi che arrivano a 4’000 metri e i nostri veicoli vengono provati a quella profondità. Tutti i componenti vengono provati su autoclavi più piccole, anche a 600 metri di profondità. Noi in alcuni casi abbiamo avuto delle implosioni di un oggetto che ha pochi litri di volume. Ed è una botta che sembra un'esplosione. È davvero una botta impressionante.

Quindi nel caso del Titan mi sta dicendo che l’implosione è probabilmente stata dovuta al tipo di materiale con cui è stato prodotto lo scafo?

“Sì, esattamente come ho detto. Abbiamo un'esperienza lunghissima sulla costruzione di queste cose e io non entrerei mai in uno scafo costruito con la fibra di carbonio.”

Maggiori dettagli, questa sera, a TG 20


Mattia Pacella

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