Altra bufera in arrivo sul Governo del premier ucraino Denis Shmyhal, monocolore con la maggioranza in Parlamento che sostiene il presidente Volodymyr Zelensky. A Kiev da giorni si rincorrono le voci sull’ennesima girandola di poltrone che andrebbe a interessare anche due ministeri chiave, Interni e Difesa, e i vertici dell’SBU, i servizi segreti. L’attuale capo dell’intelligence Kirilo Budanov, considerato un falco, tra i principali registi delle operazioni in territorio russo, come l’assassinio lo scorso agosto a Mosca di Daria Dugina, figlia del filosofo vicino al Cremlino Alexander Dugin, passerebbe così a guidare il Ministero della difesa; il titolare Oleksii Reznikov sarebbe in procinto di dare le dimissioni, entrato nell’occhio del ciclone dopo le accuse di corruzione che sono piombate sul ministero un paio di settimane fa.
La sua posizione era però già in bilico: giurista di formazione, fedelissimo del capo dello Stato, si è trovato a gestire l’invasione russa quasi all’improvviso e adesso Reznikov verrebbe sostituito da un militare di carriera, che potrebbe essere appunto Budanov o magari anche il capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny, un altro esponente dall’ala più dura, quella meno versata ad eventuali compromessi in vista di un processo di pacificazione con la Russia e che spinge per la riconquista di tutti i territori occupati dal 2014, Crimea compresa.
Da tempo si vocifera su un altro passaggio di consegne alla Difesa, dove dal 2019, quando Zelensky è stato eletto, sono transitati già tre ministri. Dopo un anno di guerra, durante il quale i media occidentali hanno parlato più dei problemi all’interno delle forze armate russe che non su quelli in seno a Kiev, il bilancio è in chiaroscuro e i giorni di Reznikov sembrano quindi contati.
I prossimi cambiamenti, che interessano anche il Ministero degli interni, dove deve essere nominato il sostituto di Denis Monastyrsky, morto a gennaio in un incidente in elicottero, arriverebbero in un momento delicato. Non solo dopo il repulisti di un paio di settimane fa in cui sono cadute le teste di un paio di viceministri (alla Difesa e allo Sviluppo), del vice procuratore generale e di un pugno di governatori regionali, ma anche alla vigilia della nuova offensiva russa che a Kiev prevedono per fine mese, intorno all’anniversario del primo anno dall’inizio dell’invasione, il 24 febbraio. Al momento la situazione per le truppe ucraine nel Donbass, dove la cittadina strategica di Bakhmut è quasi accerchiata, è molto complicata, anche per ammissione dello stesso Zelensky, e il momento per la promessa controffensiva non è ancora arrivato, dato che le nuove forniture di armi occidentali, i carri armati Leopard e Abrams, giungeranno in gran quantità solo a fine marzo.
È certo che comunque gli equilibri interni a Kiev dopo un anno di guerra hanno ormai iniziato a erodersi e i cambi in corsa a ministeri, nell’amministrazione, nei servizi e nelle forze armate sono il sintomo, non nuovo, che l’Ucraina soffre degli stessi problemi cronici di sempre, che il conflitto ha solo temporaneamente tolto dai riflettori: dalla corruzione (l’Ucraina rimane uno dei paesi più corrotti d’Europa, secondo Transparency alla 116esima posizione al mondo) al sistema dei poteri forti oligarchici difficile se non impossibile da smantellare.