"La gente ti vedeva, applaudiva e scappava via. Erano istruzioni che avevano ricevuto. Era folle. Poi, però, se passavi per Hong Kong, il porto si riempiva ogni mattina di cadaveri trasportati dal fiume e così capivi che non tutto era così glorioso e felice in Cina." Sono le parole di uno dei grandi intellettuali dell'ultimo secolo: il poeta, studioso, traduttore americano Willis Barnstone che ha vissuto da protagonista alcuni dei momenti cruciali e drammatici della storia del Novecento.
Willis Barnstone accompagna Jorge Luis Borges (a sin.) a Buenos Aires nel 1975
Willis Barnstone è stato uno dei pochi occidentali ad aver visitato la Cina all'inizio degli anni Settanta, subito dopo la fine della Rivoluzione culturale. Le porte dell'impero rosso gli si spalancarono davanti grazie alla traduzione dei poemi di Mao Tse-tung. All'eta' di 87 anni è tornato un'altra volta a Pechino. Ai microfoni della RSI ricorda quegli anni, gli intellettuali imprigionati e le successive difficoltà avute a causa del timore dei vertici del partito comunista che fosse un maoista.
Il paese di oggi, nonostante la crescita economica, non gli sembra molto diverso da quello di allora. "Se parli di libertà, anche se vinci il premio Nobel, rimani in prigione".
Diem/RG
RG 18.30 del 04/04/15: l'intervista di Laura Daverio
RSI Info 04.04.2015, 21:18
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