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Oltre il confine il limbo dei migranti

Reportage sul confine messicano dove l’aumento dei rifugiati politici ed economici e le esitazioni dell’amministrazione americana creano uno stallo

  • 22 gennaio 2023, 06:49
  • Ieri, 12:08
04:24

Record di immigrati, reportage da El Paso

Telegiornale 21.01.2023, 21:00

Di: Massimiliano Herber e Mark Yates  

Cinquanta centesimi di dollari, o dieci pesos messicani. È l’ultimo prezzo da pagare prima di raggiungere la meta. E il costo del pedaggio per attraversare il Paso del Norte, il ponte che da Ciudad Juarez porta a El Paso. La coda di auto al mattino è lunga, il viavai di persone caotico, ma la maggior parte dei migranti giunta fin qui non tenta neppure di passare, sa di non avere le carte in regola per essere accolta negli Stati Uniti.

Javier è arrivato dal Venezuela prima di Natale, confidando venisse abrogato il Titolo 42 (il blocco sui migranti voluto da Trump a inizio 2020 per ragioni di salute pubblica). Ha 24 anni e in braccio tiene il figlio di tre anni mentre chiede la carità agli automobilisti in attesa. Dice di aver perduto tutto pur di raggiungere la frontiera, dopo aver attraversato otto paesi ora dorme lungo la via e spera che il “Señor Biden” gli dia una soluzione legale per lavorare negli Stati Uniti.

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Il muro al confine tra Juarez ed El Paso

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Nel 2022 sono arrivati al confine tra Messico e Stati Uniti 2,37 milioni di migranti provenienti da tutto il Sud America, la maggior parte ora viene dal Venezuela, oltre che dal solito triangolo El Salvador, Honduras e Guatemala. 2,3 milioni sarebbero gli abitanti della terza città degli Stati Uniti, per ora tutti sparpagliati in attesa oltre il confine.

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A Ciudad Juarez si stima vi siano 20'000 migranti accampati pronti a iniziare un processo di asilo o di attraversare illegalmente la frontiera. Dopo la visita di Joe Biden a El Paso a inizio gennaio, ci dicono, “è stata fatta un po’ di pulizia”. Lungo il Rio Grande che costeggia il lungo muro arrugginito si vedono solo pattuglie delle guardie di confine e della guardia nazionale.

Jeni ha 20 anni e viene dall’Honduras. Ci conduce al rifugio dove sta da tre giorni. In realtà l’abitazione messa a disposizione da una parrocchia è al completo, lui da tre giorni vive in una tenda all’esterno. Fa freddo e trema, ma lui continua a sorriderci. È stato suo papà a dirgli di fuggire dalla miseria dell’Honduras e di tentare la fortuna a nord. “Ogni tanto la polizia viene a fare dei controlli per vedere se abbiamo dei permessi, racconta, e noi scappiamo. Per fortuna non ci hanno portato via le tende”. Lui aspetta, che qualcuno dall’altra parte del confine possa patrocinare la sua domanda di visto, che gli Stati Uniti allentino controlli e procedura di accoglienza.

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Jeni, immigrato proveniente dall'Honduras

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La Casa del Migrante è uno dei più grandi rifugi di Ciudad Juarez, ospita fino a 400 persone ed è gestita dalla diocesi. Fine a qualche anno fa ci dice padre Francisco Javier in città “c’erano 3, 4 rifugi, ora solo 43”. Le ragioni? “La politica di Trump, l’elezione di Maduro in Venezuela e l’esodo dei venezuelani, poi il Titolo 42, i cubani, gli haitiani, i messicani che scappano dalle violenze dei cartelli… un fiume che pare non finire mai”.

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La Casa del Migrante

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La Casa del Migrante

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Molti degli ospiti sono famiglie e la permanenza può durare da quattro mesi a un anno e mezzo. Alcuni bambini vanno a scuola, altri aspettano. E i pomeriggi sembrano passare lenti e pigri. L’attesa, paziente e silenziosa, pare la condizione esistenziale di tutti, quasi un limbo tra un futuro sperato e un passato che si vorrebbe alle spalle.

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Un rifugio per migranti

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Un rifugio per migranti

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Chi non trova posto nei centri di accoglienza dorme dove può, lungo la strada verso i valichi molti giovani assalgono letteralmente le automobili ai semafori offrendosi di pulire i vetri. “
Siamo qui da un mese, spiega Jonathan,
e abbiamo bisogno un po’ di soldi per poter mangiare”. Non vi assale mai il dubbio che quel confine non riuscirete mai a superarlo?, chiedo a più riprese, ma ognuna delle persone incontrate racconta la desolazione e l’inferno lasciati. “
Abbiamo venduto tutto per fare il “viaje”, spiega una giovane venezuelana, Abrimar,
e cosa torniamo a fare? In Venezuela non abbiamo più la casa, non abbiamo più nulla. Meglio aspettare qui”. È un misto di instancabile coraggio e ostinazione quello dei migranti; l’ostinazione di chi, avendo perso tutto, ormai non ha più nulla da perdere.

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