Uno sciopero generale e tre giorni di lutto sono stati proclamati nei territori palestinesi dopo il bagno di sangue nella Striscia di Gaza, che lunedì ha accompagnato l'inaugurazione della nuova ambasciata statunitense a Gerusalemme. Il numero dei morti è aumentato nel corso della notte. L'ultimo bilancio fornito dal Ministero della sanità a Gaza parla di 58 i palestinesi uccisi dall'esercito israeliano e 2'700 i feriti.
Rischio di nuove violenze
Gli scontri sono destinati a proseguire anche martedì, giorno della nakba: ricorrenza in cui i palestinesi ricordano i loro profughi scappati o cacciati via durante e dopo la fondazione dello Stato di Israele.
Comunità internazionale divisa
Scontri destinati a continuare anche martedì
La comunità internazionale ha moltiplicato gli appelli alla calma, ma anche le critiche e le condanne di Israele, che dal canto suo respinge l'accusa di un uso eccessivo della forza e parla di "proteste violente e organizzate dagli islamisti per compiere attentati". Il premier
Benyamin Netanyahu durante la cerimonia di inaugurazione della sede diplomatica USA ha lodato i soldati, definendo quanto avvenuto un "legittimo atto di autodifesa". Parole che non hanno convinto il Sud Africa e la Turchia: entrambi hanno richiamato i loro ambasciatori in Israele. "Israele è uno Stato terrorista che sta compiendo un genocidio", ha dichiarato il presidente turco Recep
Tayyip Erdogan.
USA: "Tutta colpa di Hamas"
Pietre e copertoni incendiati contro il fuoco israeliano
Secondo la Casa Bianca, il massacro di civili palestinesi da parte dell'esercito israeliano è il frutto di una provocazione del movimento islamista che controlla l’enclave. Per l'amministrazione Trump l'unica responsabilità della strage compiuta dai soldati israeliani è esclusivamente di Hamas. "Il movimento islamista al potere a Gaza ha provocato in modo intenzionale e cinico le forze israeliane, invitando i palestinesi a prendere d'assalto la protezione militare fortificata lungo il confine", così un portavoce della Casa Bianca. Dal 2010 circa 2 milioni di abitanti sono bloccati all'interno della Striscia, definita da molti "la più grande prigione a cielo aperto del mondo". Secondo Hamas, invece, gli Stati Uniti sono responsabili per tutte le conseguenze provocate dallo spostamento dell'ambasciata a Gerusalemme.
Gli Stati Uniti hanno anche bloccato al Consiglio di sicurezza dell'ONU l'apertura di un'inchiesta indipendente sulle violenze nella Striscia.
RG/CaL
L'analisi
Per saperne di più la puntata di Modem Ancora sangue a Gaza ha proposto lo sguardo sugli ultimi avvenimenti di:
David Cassuto, ex vicesindaco di Gerusalemme e membro del Likud;
Bichara Khader, Prof. emerito e fondatore del Centre d'Etudes et de Recherches sur le Monde Arabe Contemporain dell'Università cattolica Lovanio;
Meron Rapoport, giornalista indipendente israeliano;
Davide Frattini, corrispondente da Gerusalemme per il Corriere della Sera.