A conclusione di un’ultima notte di negoziati, Parlamento europeo e Stati membri dell’UE hanno trovato un accordo sui cinque pilastri di una riforma della politica di asilo e immigrazione dei Ventisette. Lo ha annunciato questo mercoledì mattina il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas.
La riforma comprende una serie di testi e prevede un giro di vite rispetto alla prassi attuale, in particolare nei confronti di coloro che provengono da regioni ritenute sicure. I dettagli sono ancora da finalizzare, ma vi saranno un controllo rafforzato sugli arrivi di migranti, centri chiusi nei pressi delle frontiere per facilitare e accelerare il rimpatrio e un meccanismo di solidarietà obbligatorio fra Paesi, a profitto di quelli che maggiormente subiscono le conseguenze della pressione migratoria. Il meccanismo prevede la “ricollocazione” di almeno 30’000 persone l’anno, o compensazioni (economiche e non) che i Paesi che non accoglieranno migranti saranno chiamati a versare.
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Il filtro obbligatorio all’ingresso potrà durare fino a 7 giorni, durante i quali i Paesi di prima accoglienza saranno chiamati a registrare in una banca dati europea immagini facciali, documenti d’identità e impronte digitali dei migranti a partire dai 6 anni di età. Al termine di questo primo passo, la persona sarà indirizzata verso una procedura di asilo, classica o accelerata, oppure già respinta verso il Paese di provenienza o di transito. Coloro che statisticamente hanno meno del 20% di possibilità di vedere accolta la loro domanda (per esempio cittadini di Marocco, Tunisia o Bangladesh) saranno quindi orientati verso una “procedura alla frontiera”, in campi in grado di accogliere fino a 120’000 persone all’anno (30’000 alla volta). Minori non accompagnati e famiglie con bambini non saranno esentati da questa procedura che implica una forma di detenzione. Il Parlamento europeo ha ottenuto garanzie minime di sorveglianza del rispetto dei diritti fondamentali.
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Se le reazioni politiche - in particolare quelle dei Paesi mediterranei maggiormente toccati dal problema come Italia, Spagna e Grecia - sono quasi tutte positive (“Non ci sentiamo più soli”, ha fatto sapere Roma), una cinquantina di organizzazioni non governative come Amnesty International, Oxfam, Caritas e Save the Children ha già parlato di un piano “mal concepito e crudele”. Sul fronte dei contrari, in Europa, si schiera l’Ungheria di Viktor Orban: “rifiutiamo con forza l’intesa”, ha detto alla stampa il ministro degli esteri Peter Szijjarto, riferendosi in particolare al meccanismo di solidarietà fra i Ventisette. “Non lasceremo entrare nessuno contro la nostra volontà”, ha dichiarato.
L’intesa dovrà ancora essere accolta dal plenum del Parlamento e dagli Stati membri. L’Europa vi lavorava dal 2016, anno della prima proposta commissionale, conseguenza diretta del flusso incontrollato che aveva attraversato in particolare la Grecia a causa del conflitto siriano.
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