In Iraq si passa alla disobbedienza civile. Dopo settimane di manifestazioni per le strade, con una lunga scia di morti, da oggi (domenica) la collera contro il Governo, promossa soprattutto da studenti e sindacati, si esprime in varie forme di boicottaggio e ostruzionismo, con strade bloccate e luoghi pubblici occupati.
Da giorni migliaia di giovani, studenti, sindacalisti, professori universitari, ingegneri e cittadini comuni occupano ad esempio la centrale piazza Tahrir a Baghdad, trasformata in un vasto accampamento pacifico di persone che chiedono non solo maggiori diritti socioeconomici, ma anche trasparenza e superamento del confessionalismo politico. Le massicce proteste popolari sono però più festose rispetto alle prime ondate rabbiose in ottobre, quando la repressione aveva provocato la morte di oltre 250 persone.
Sull’esempio del vicino Libano, dove da metà ottobre la disobbedienza civile ha di fatto paralizzato il paese, in Iraq domenica è stato indetto uno sciopero generale a tempo indeterminato. La mobilitazione generale riguarda principalmente le città del sud sciita, regione nota per le ampie risorse energetiche, ma anche per la povertà endemica e l’assenza di servizi generali.
Uno scenario preoccupante per il vicino Iran, che esercita una forte influenza politica e militare sul governo iracheno guidato dal premier Adil Abdul-Mahdi. E nonostante le insistenti voci sulle sue possibili dimissioni, il primo ministro resiste, anche perché l’Iran e i suoi alleati locali non sanno per ora come rispondere politicamente alle proteste.
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