“È terrificante, non riesco più a immaginare come poter vivere in pace, mi resteranno gli incubi per questo”. La vita di Oleksandra Kuzmenko, come per altri milioni di ucraini, la mattina del 24 febbraio è cambiata per sempre. Svegliata dalle sirene alle 5 di mattina, con un’amica da Kiev è scappata a Ivano-Frankivsk, nell’ovest dell’Ucraina, dove la situazione per il momento è più calma.
Restare per aiutare
Nella capitale ha invece deciso di rimanere Boris Moiesenko, 59 anni, attivo nel settore farmaceutico. Dallo scoppio della guerra, ogni giorno si impegna a girare di farmacia in farmacia per cercare dove ci siano ancora farmaci da poi consegnare a chi ne ha bisogno e non può comprarli, soprattutto degli anziani. Ma l’aiuto arriva anche a favore dei combattenti in prima linea e tra loro ha anche due amici, che hanno deciso di unirsi alle “forze di difesa territoriale”, nelle quali si sono arruolati pure dei conoscenti di Oleksandra che non avevano mai prestato servizio per l’esercito regolare.
In coda alle farmacie di Kiev (07.03.2022)
RSI Info 09.03.2022, 23:00
Sviluppatrice informatica, la 22enne sta dando una mano come possibile alle organizzazioni di volontariato che aiutano chi sta fuggendo e chi è impegnato in battaglia, per esempio preparando delle barrette energetiche artigianali, utili per il sostentamento al fronte. Mantenere il morale alto è difficile con il caos che si vive attorno: “Mi sento impaurita ed esausta, è difficile capire cosa sta succedendo. Continuare a seguire le news e tutte le indicazioni che riceviamo su cosa fare è provante”.
Secondo Boris a motivare lui e tutti gli ucraini non c’è qualcosa di speciale, se non la determinazione per “la nostra città, il nostro Paese e la sicurezza delle nostre famiglie”. La sua più giovane connazionale ci spiega in videochiamata di aver meditato se andarsene anche lei all’estero, ma è l’ultima opzione che considera: “Alcuni amici sono partiti, sono dispiaciuti, ma contano di raccogliere soldi e finanziare degli aiuti”. Oleksandra spera di tornare presto a Kiev, “a condizione che non ci sia un rischio continuo di bombardamenti e di dover stare nei rifugi”, anche perché a Brovary, nella periferia est, si trova sua mamma. Una parte della sua famiglia è invece in Russia, dove la propaganda riesce pure a spezzare i legami di sangue: “Credono che siamo nazisti e sminuiscono tutto. Credono alla tv piuttosto che a noi”.
“Parte del mondo libero”
I nostri interlocutori chiedono entrambi che sopra l’Ucraina venga dichiarata una “no-fly zone” e che NATO, UE e USA forniscano al più presto armi alle forze di Kiev, perché “la Russia non si fermerà” e il supporto "aiuterebbe il mondo intero, Europa in primis".
“Vogliamo vivere in un paese libero e democratico – chiosa Boris - L’Ucraina non è parte della Russia totalitaria, bensì parte della democratica Europa”.
Ucraina, si aggrava la crisi umanitaria
Telegiornale 10.03.2022, 21:00