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"Sono elezioni fra virgolette"

Vladiimir Kara-Murza, oppositore di Putin, contesta la legittimità democratica delle presidenziali di domenica prossima

  • 16 marzo 2018, 10:37
  • 23 novembre, 02:12
Il vicedirettore della ONG "Open Russia", al microfono del collega Pierre Ograbek

Il vicedirettore della ONG "Open Russia", al microfono del collega Pierre Ograbek

  • rsi

Vladimir Kara-Murza è stato avvelenato per due volte. Per due volte si è ritrovato tra la vita e la morte. È il vice-direttore di Open Russia, l’organizzazione non governativa che promuove democrazia e diritti umani. È costantemente in viaggio, determinato a promuovere delle sanzioni contro la cerchia del presidente russo Vladimir Putin, contro funzionari corrotti e ricchi oligarchi.

A due giorni dalle elezioni presidenziali che con ogni probabilità decreteranno un ulteriore mandato di 6 anni per Putin Modem ha proposto stamane un’intervista con Vladimir Kara-Murza ed un dibattito in studio. Eccovi l’intervista integrale.

Come state affrontando voi dell’opposizione questa elezione già decisa, con Putin che sarà il nuovo presidente?

È buffo che lei dica: Putin sarà il nuovo presidente. È al potere da 18 anni. 18 anni! C’è un’intera nuova generazione di russi nati sotto Vladimir Putin. Coloro che andranno ora a votare per la prima volta sono proprio quelli nati sotto Putin. Certo, quando oggi si parla di elezioni in Russia bisogna mettere la parola “elezioni” tra virgolette: non hanno nulla a che vedere con una vera procedura democratica. Potrei illustrarvi tutti i dettagli del modo in cui il Cremlino controlla, manipola e falsifica il processo elettorale a tutti i livelli. Partendo da chi ha accesso ai media, dalla pressione esercitata sugli elettori durante la campagna, per finire con la falsificazione dei voti. Ma credo che non sia neppure necessario parlarne. Basta menzionare un solo fatto sulle presidenziali russe 2018: c’erano due oppositori politici che volevano candidarsi contro il signor Putin: il primo era Boris Nemtsov (ex vice-primo ministro della Russia, capo dell’opposizione democratica), il secondo era Alexei Navalny (fondatore di un’organizzazione contro la corruzione). Né uno né l’altro saranno in lista il 18 marzo: Nemtsov è stato ucciso 3 anni fa sul ponte di fronte al Cremlino, Navalny invece è stato bloccato da una decisione delle autorità russe annullata però dalla Corte europea dei diritti umani. Non è molto difficile vincere un’elezione se gli oppositori non sono sulla lista.

È innegabile però che in Russia Putin goda di un notevole sostegno.

Credo sia molto importante ricordarsi che questa popolarità supposta del signor Putin non è mai stata verificata e confermata da un’elezione libera e democratica, contro dei veri oppositori. Nel nostro paese da 18 anni non c’è più stata un’elezione libera. Non sono io a dirlo: se guardate i rapporti degli osservatori internazionali (Consiglio d’Europa o OSCE) vedrete che ogni elezione russa, a partire per lo meno dal 2003, è stata ritenuta: non libera, non corretta, non democratica. Il regime di Putin non è al potere grazie al popolo russo, non ha un mandato democratico ricevuto dal popolo. È per questo che sempre più persone scendono per le strade a protestare contro il regime. È il solo modo per esprimersi, per opporsi al Governo: non abbiamo delle vere elezioni, tutti i canali televisivi sono controllati dallo Stato, il Parlamento è solo di facciata, non c’è una vera opposizione. Chi si oppone a Putin finisce in prigione. Secondo Memorial, l’organizzazione per i diritti umani più rispettata in Russia, ci sono oltre 100 prigionieri politici attualmente nel paese. Quindi anche questa elezione del 18 marzo sarà una farsa, uno spettacolo. Non avrà nulla a che vedere con un vero processo democratico.

Lei parla di manifestanti sempre più numerosi che scendono per le strade. Noi, da qui, possiamo osservare che sono delle migliaia, ma non certo centinaia di migliaia, men che meno milioni! È una minoranza dunque, ad opporsi a Putin?

Questi non sono “coloro che si oppongono”, questi sono coloro che sono pronti a scendere per le strade a manifestare nonostante le minacce, la propaganda, le pressioni, i rischi. Non si può fare il confronto tra le manifestazioni in Svizzera e in Russia: voi non rischiate niente se andate a manifestare contro il Governo. In Russia invece potete perdere il lavoro, essere espulsi dall’università, avere problemi con la giustizia e la Polizia, potete essere incarcerati (come capitato a molti). Quindi ci vuole parecchio coraggio per protestare apertamente. Sei anni fa ci sono state decine di migliaia di manifestanti per le strade dopo delle elezioni parlamentari manipolate, a Mosca ce n’erano 100'000. Era un movimento basato essenzialmente a Mosca e San Pietroburgo, ora il movimento attivo da un anno a questa parte è attivo in oltre duecento città di tutta la Russia: da Kaliningrad a Khabarovsk. La cosa più importante: la maggior parte di questi manifestanti sono dei giovani, rappresentano la nuova generazione della Russia, il suo avvenire. Credo sia un avvertimento molto serio per Putin, ma anche un forte segnale di ottimismo e di speranza per l’avvenire del paese, per l’avvenire democratico della Russia.

In molti (presumo) nutrivano speranze nella candidatura di Alexei Navaly alla presidenza della Russia. Ha commesso degli errori che lo hanno portato ad essere formalmente escluso dalla corsa?

Il suo solo errore è quello di opporsi a Vladimir Putin. Evidentemente non è un errore, lo fa apposta. Navalny è stato bloccato nonostante questa decisione fosse già stata annullata dalla Corte europea dei diritti umani. Non lo dico io, è la giustizia europea a dire che non è una buona decisione. I motivi sono chiari: quasi 5 anni fa Navalny era candidato al posto di sindaco di Mosca. Le autorità gli hanno permesso di presentarsi pensando che avrebbe ricevuto 1, 2 o 3% dei voti, per poi dire: guardate, non ha sostegno. Ma ha raccolto il 30%, anche secondo i risultati ufficiali. Ora è evidente perché abbiano paura di lasciare in lista un candidato dell’opposizione: sanno che ci sono milioni di persone in Russia contrarie a questo regime, che avrebbero votato per Navalny o Nemtsov o qualsiasi altro vero candidato dell’opposizione. A tutti coloro che sostengono che Vladimir Putin è così popolare io chiedo una sola cosa: perché un capo di Stato così popolare ha così paura di un’elezione libera?

Voi, con la vostra organizzazione Open Russia vi limitate a denunciare questa situazione, durante questa campagna elettorale?

Ci sono diversi partiti dell’opposizione russa che adottano delle posizioni diverse. Navalny ed i suoi sostenitori invitano al boicottaggio, per non legittimare questa farsa. Noi, Open Russia, invitiamo invece la gente ad andare a votare e a far annullare il proprio bollettino di voto. Ma questa è una semplice scelta personale. Non è una vera elezione, non succederà nulla il 18 marzo. Sarà molto più interessante quel che capiterà dopo: questo movimento di protesta che si estende a tutta la Russia si svilupperà. E il fatto che vi aderiscano così tanti giovani è un segno molto importante per la Russia e molto inquietante per il signor Putin.

Concretamente quando reagirete voi dunque? Il 19 marzo? O più tardi?

Vedremo. Di solito è difficile prevedere queste cose. Se vi ricordate le proteste del 2011 ricorderete anche che nessuno si aspettava 100'000 persone per le strade di Mosca. Siamo rimasti stupiti. Così va in Russia. Io sono storico di formazione, so che i grandi cambiamenti storici in Russia iniziano così, di colpo, quando nessuno se lo aspetta. 1905, 1917, 1991 (quando il regime sovietico è caduto in 3 giorni). Non ha molto senso pensare oggi ad un giorno preciso. Per il momento però prepariamo la transizione per il dopo-Putin. Il problema di fronte a dei cambiamenti così rapidi è che nessuno è pronto. Il Governo di Boris Eltsin ad esempio ha fatto molti errori negli anni ’90. Al momento in cui il regime di Putin perderà il potere sarà troppo tardi per sedersi e pensare a cosa occorre fare. Bisogna pensarci ora. Abbiamo diversi progetti di formazione, aiutiamo chi vuole partecipare a delle elezioni municipali: anche se non si tratta di vere elezioni, è comunque un tentativo, per sperimentare come funziona una campagna elettorale. Lo facciamo da quasi 4 anni, e continueremo. È molto importante per noi aiutare questa nuova generazione affinché sia pronta per la transizione della Russia, dal regime di Putin ad una democrazia normale.

La situazione economica del paese, il potere d’acquisto dei cittadini potrebbe essere un punto molto importante per spingere i cittadini a reagire, oppure al contrario: a non reagire, a tutela dello status-quo?

Difficile da dirsi. Nel caso delle grandi proteste del 2011-2012 l’economia andava molto bene. A portare la gente per le strade era piuttosto il fatto che l’elezione fosse stata truccata e la gente si sentiva insultata. Non era l’economia, era la dignità della persona. In Russia la gente vuole sempre più essere rispettata dallo Stato, sentirsi cittadini del proprio paese e non dei pecoroni. Credo che sarà questo il fattore principale per le proteste future: la richiesta popolare di dignità.

Lei è stato avvelenato 2 volte. Non è stato possibile individuare la sostanza utilizzata per mettere in pericolo la sua vita. Lei sa per lo meno per quale via sono avvenuti gli avvelenamenti?

Si sa ormai da tempo che opporsi al regime di Vladimir Putin è una vocazione piuttosto pericolosa… molti colleghi sono minacciati, imprigionati, costretti a lasciare il paese. Molti sono stati uccisi, compreso il capo dell’opposizione Boris Nemtsov. Dopo quanto mi è successo valuto ancora meglio i rischi. Non ho dubbi sull’origine: c’è la firma dei sevizi di sicurezza interna russi, l’ex KGB. Per decenni ha avvelenato degli oppositori politici, sia all’interno che all’esterno del paese. È chiaro che si è trattato di una rappresaglia per la mia attività politica nell’opposizione russa. Hanno utilizzato una sostanza tossica molto forte: ero in coma, molti organi non funzionavano più, secondo i medici avevo il 5% delle possibilità di sopravvivere. Non era un avvertimento, era per uccidere. Una sostanza molto sofisticata: i dottori non sanno cosa fosse. La diagnosi ufficiale dell’ospedale di Mosca dice: “sostanza tossica sconosciuta”. La conclusione evidente: è opera di persone legate in un modo o nell’altro ai servizi di sicurezza interni russi.

E ora in che modo lei si tutela di fronte al rischio di nuovi avvelenamenti?

Non ci sono molte cose che io possa fare… La mia famiglia, mia moglie e i miei figli sono fuori dalla Russia. È l’unica cosa che possa veramente fare. Se no… ci assumiamo dei rischi, da tempo ormai. E nel contempo pensiamo che il nostro paese meriti molto più di questo, più di un regime corrotto, autoritario, guidato da un ex ufficiale del KGB sovietico. La Russia è un paese europeo. Non è normale ritrovarsi con una dittatura in Europa, nel XXI° secolo. E se si ama il proprio paese bisogna fare qualcosa, continuare a lavorare, cambiare la situazione, fare tutto quanto possibile. Conosciamo i rischi ma li accettiamo. Se restassimo a guardare, saremmo complici. Non vogliamo essere partecipi dei crimini del regime insediato al Cremlino.

La situazione attuale ricorda la Guerra fredda del secolo scorso, con gli Stati Uniti che potrebbero fare molto leva su di voi per lottare contro Putin. Rischiate di essere manipolati da Washington.

Non c’è alcun rischio. Ma è quanto dice la propaganda del Cremlino: dice che tutti noi oppositori siamo agenti statunitensi, agenti stranieri. Evidentemente sono delle bugie. Spetta soltanto a noi, cittadini russi (e non agli americani o ad altri) cambiare la situazione in Russia. L’unica cosa che chiediamo all’Occidente, compresi gli Stati Uniti e la Svizzera, è di mantenere i propri principi. Da diversi anni ormai partecipo ad una campagna internazionale per l’adozione di sanzioni personali, individuali, nei paesi occidentali contro i funzionari corrotti, gli oligarchi, contro chi vìola i diritti umani all’interno del regime di Vladimir Putin. Non è normale che delle persone che vìolano i principi della società democratica in Russia vogliano godere dei privilegi delle società democratiche occidentali, poiché mandano i loro figli nelle scuole occidentali, depositano i loro soldi nelle banche occidentali, acquistano case e vetture nei paesi occidentali. È un’enorme ipocrisia da parte di quelle persone, ma anche da parte dei paesi occidentali che li accettano. Significa che nei fatti sostengono la corruzione e le violazioni dei diritti umani in Russia. Per questo da anni stiamo lavorando con dei parlamentari dei paesi occidentali, affinché adottino la legge Magnitsky, introducendo sanzioni personali, non contro la Russia bensì contro le persone che vìolano i diritti dei cittadini russi. Dunque sono delle sanzioni per la Russia, non contro; attualmente sono già state adottate da 6 paesi. Speriamo che altri paesi democratici si aggiungano, compresa la Svizzera, mandando un segnale molto chiaro: che i funzionari corrotti e coloro che vìolano i diritti umani non sono benvenuti qui.

Pierre Ograbek

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