La Corte suprema brasiliana ha eliminato giovedì la norma che prevede il carcere per i condannati che hanno perso il primo ricorso in appello. La decisione potrebbe quindi comportare la scarcerazione anche dell'ex presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula da Silva, condannato per tangenti.
La decisione degli undici giudici della Corte suprema, che si sono espressi con sei voti contro cinque, pone fine a una giurisprudenza messa in atto tre anni fa e che aveva contribuito al successo dell'indagine anticorruzione “Lava Jato”. Alla notizia della cancellazione della normativa, numerosi sostenitori dell'ex capo di Stato sono scesi in strada per manifestare pacificamente.
La prospettiva di essere imprigionati subito dopo perso un primo processo di appello aveva incoraggiato molti sospettati a negoziare accordi di colpevolezza con i pubblici ministeri, fornendo loro informazioni nell'ambito dell'indagine contro la corruzione dilagante di politici e dirigenti di aziende nazionali in cambio di contratti con la compagnia petrolifera brasiliana Petrobras.
Finito in carcere dall'aprile 2018, Lula deve scontare una pena di otto anni e dieci mesi di reclusione per aver accettato tangenti in cambio l'aggiudicazione di contratti governativi. I suoi avvocati hanno annunciato che avrebbero cercato il suo rilascio immediato proprio di fronte ai magistrati del tribunale che lo ha dichiarato colpevole.