Le autorità della Bielorussia hanno affermato di avere arrestato trentatre paramilitari russi che si trovavano sul territorio della repubblica con l’intenzione di condurre non meglio precisate “azioni di destabilizzazione”, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 9 agosto. Il presidente Alexander Lukashenko, che guida il Paese con pugno di ferro ininterrottamente dal 1994 ed è in corsa per un sesto mandato, ha annunciato che chiederà spiegazioni formali a Mosca.
Stando a quanto riferiscono i media ufficiali - sotto stretto controllo governativo – i servizi di sicurezza hanno appreso recentemente dell’arrivo di circa 200 paramilitari russi intenzionati a destabilizzare le elezioni. Trentadue uomini sarebbero stati arrestati in un hotel nei sobborghi della capitale Minsk ed uno nel sud del paese. Gli arrestati apparterrebbero al gruppo militare privato “Wagner”, fondato nel 2013 da un ex ufficiale delle forze speciali russe ed attivo su diversi fronti, dalla Siria all’Ucraina orientale, dove agisce senza un vincolo di dipendenza formale dal Cremlino.
Solitamente cordiali, i rapporti tra Minsk e Mosca sembrano essersi deteriorati negli ultimi mesi: Lukashenko ha ripetutamente accusato paesi vicini di voler destabilizzare la Bielorussia, accuse in precedenza riservate solo all’occidente.
Contro il padre-padrone del paese è emersa in campagna elettorale soprattutto la figura di Svetlana Tikhanovskaia, trentottenne insegnante di inglese che ha preso il posto del marito, un videoblogger imprigionato in maggio proprio mentre la sua candidatura stava acquistando popolarità. Secondo Lukashenko una donna è inadatta a guidare il paese, perché “collasserebbe dopo poco”.