E’ un vittoria geograficamente chiara, anche se non spettacolare nei numeri assoluti. Donald Trump vince un po’ ovunque salvo sulle coste est e ovest: il sud è suo, il midwest e il west sono suoi, toglie ai democratici anche alcuni stati industriali del nord. Hillary Clinton fa meglio di Mondale nell'´84, di Dukakis quattro anni dopo o di John Kerry nel 2004. Eppure la sua sconfitta assume ben altro valore: ha perso malgrado un presidente popolare come Obama, ha perso da uno sfidante anomalo, inviso a tanti anche nel suo partito e a tutta la stampa, un uomo dai modi brutali, un uomo che ha attaccato minoranze e donne. Nessuno o quasi, lo aveva previsto: chi ha votato per lui, non ha voluto dirlo. Lui ha parlato alla pancia del paese, con metodi inediti nella storia americana, ma già noti in diversi paese europei.
Trump ha vinto anche con un'efficace demonizzazione dell’avversaria, Hillary Clinton. L’ex first lady è stata presa di mira con un'aggressività inaudita. "Lock her up", hanno gridato in coro i trumpiani nel quartier generale del loro beniamino e futuro presidente. "Imprigionatela": beninteso rivolto a Hillary Clinton. La maggioranza silenziosa, malgrado il suo profilo di miliardario, ha considerato Trump un anti establishment, leader dell’antipolitica, che promette di riportare le fabbriche a Detroit, di chiudere le frontiere con un muro, di annullare gli accordi sull’ambiente per rilanciare il carbone. La maggioranza ha visto in lui anche il baluardo contro la globalizzazione. Ha sconfitto: il suo partito dapprima, i democratici poi. Un fatto straordinario, anche perché il paese non va male, ma la classe media si sente indebolita e la voglia di cambiamento - a volte la rabbia - hanno trovato nei proclami violenti e radicali di Trump le parole che volevano sentire.
Trump spazza via tutto, anche in fondo quel "balance of power" (l’equilibrio dei poteri) di cui il paese va fiero. La sua vittoria è spettacolare anche perché non avrà molti ostacoli nella sua politica, potrà trovare maggioranze per sopprimere la riforma della sanità o per annullare i trattati sull’ambiente. Decisiva, la sua vittoria, anche per il futuro della Corte suprema, decisiva in questo paese, attualmente in perfetto equilibrio, 4 a 4. Manca il nono giudice. Utile, forse, ricordare che ha un ruolo centrale: può annullare qualsiasi legge.
Un grande interrogativo grava dunque sul futuro del paese. Vi è però già una certezza: l’America è spaccata, gli Stati Uniti sono disuniti, entrano in una fase di grande incertezza, vi è un futuro tutto da definire e da capire, anche perché gli USA rimangono l’unica superpotenza e almeno a parole, una presidenza Trump significherebbe un cambiamento radicale, nella politica ambientale, in quella estera, nel commercio e nella gestione dell’immigrazione. Un cambiamento che, è chiaro, avrà un impatto sul resto del mondo: Asia, Medio Oriente, Europa.
Roberto Antonini