Da un anno e mezzo, Bihać, in Bosnia Erzegovina, è il grande imbuto sulla rotta balcanica. Sessantamila abitanti, settemila migranti: siriani, afgani, pachistani, marocchini, gente del Kashmir.
Rotta dei migranti, è ancora crisi
Telegiornale 03.12.2019, 21:00
Ognuno di loro ha cercato, almeno una volta, di superare le montagne tozze e boscose alle spalle della città. Lì dietro c’è la Croazia. Ancora più avanti, la Slovenia e l’Italia. Poi chissà, l’Austria, la Germania o la Svizzera. Giorni di marcia, al freddo, nei boschi. Ciò che conta è lasciare i Balcani, divenuti vera e propria gabbia a causa dell’aumento dei controlli alle frontiere.
Oggi è la Croazia a fare la gendarme. Prossima a entrare nell’area Schengen, controlla ogni palmo del territorio. La frontiera oltre Bihać è quasi inviolabile. I migranti vengono intercettati e respinti dalla polizia. Spesso ricorre alle maniere dure. Cellulari rotti, vestiti bruciati, qualche manganellata. Molti dicono che agisca contro le convenzioni sul diritto d’asilo e sui diritti umani. Di certo, questa azione ha il chiaro significato di indurre i migranti a non imbarcarsi più in “The Game”, come questi uomini in transito chiamano il tentativo di oltrepassare questo difficile confine. Eppure, provano e riprovano. Alcuni sono stati respinti cinque o sei volte.
Intanto, Bihać si è saturata. Nei centri accoglienza ufficiali non c’è più posto, e da qualche mese è stato creato il campo di Vučjak. Condizioni difficili. Non ci sono bagni, né docce. I soli aiuti li portano la Croce rossa (pane e tè) e il Comune (acqua). Per il resto ci si arrangia, in attesa di “The Game”. Che ha un costo: 1'000-1'500 euro, ma solo se si riesce a giungere in Italia. A incassare, com’è ovvio, sono i trafficanti.