Il parziale dietrofront del presidente americano Donald Trump in merito ai dazi doganali ha scatenato accese discussioni sulle ragioni che lo hanno portato a più miti consigli. Tra i motivi principali figurano le massicce vendite di titoli del Tesoro statunitense che hanno portato i tassi d’interesse alle stelle. Ma non sono da sottovalutare anche le pressioni giunte dal mondo economico.
Secondo Marzio Minoli della redazione economica della RSI, “questa volta Donald Trump si è spaventato davvero guardando il mercato delle obbligazioni. Un mercato che a volte passa in secondo piano, ma che tocca da vicino le persone forse più di quanto non lo facciano le borse. Perché dico questo? Il rendimento dei titoli del Tesoro USA è passato nel giro di due giorni dal 3,9% del 7 aprile al 4,5% del 9 aprile a causa delle forti vendite dei titoli stessi come segno di sfiducia. Questo tasso d’interesse è tra i principali parametri usati per poi definire quelli sulle ipoteche, tanto per fare un esempio”.
Gli elettori di Trump si potrebbero trovare con prezzi in aumento, a causa dei dazi, “ma anche a dover pagare di più per comperare la casa o la macchina” sottolinea Minoli al Radiogiornale RSI. “Altro punto importante le parole di Jamie Dimon, il direttore generale di JP Morgan Chase, la più grande banca americana. Parole queste che sono state dette a Fox News e quindi un canale amico di Trump. Dimon ha esortato Trump a cercare il dialogo con i partner commerciali e avere un approccio più calmo e che le aziende stavano già riducendo i costi a causa dell’incertezza. E sappiamo che ridurre i costi, per un’azienda, spesso vuol dire licenziare”.
Rimanendo ai titoli di Stato, va ricordato che il maggior detentore internazionale è la Cina. Di riflesso, Pechino potrebbe avere un’arma potente da contrapporre ai dazi di Trump. Minoli rileva che in questo caso “si entra nel campo delle ipotesi, anche se alcune coincidenze possono far pensare. La Cina ne possiede 760 miliardi, ossia quasi il 10%. Sono stati quindi i cinesi a vendere i titoli, facendo salire i tassi d’interesse? Non si sa. Ciò che però molti analisti hanno evidenziato è che i grossi movimenti su questi titoli sono avvenuti quando negli Stati Uniti era notte mentre in Cina si era in piena giornata di contrattazioni. Una coincidenza certo, ma perlomeno sospetta. Ma forse la Cina ha solo dato inizio alle vendite, le quali sono poi proseguite negli Stati Uniti quando chi aveva speculato sui titoli di Stato si è ritrovato in difficoltà e ha cominciato a vendere a sua volta, portando come detto i tassi d’interesse dal 3,9 al 4,5 percento”.
Quindi Pechino ha lanciato il sasso e poi nascosto la mano in segno di ritorsione ai dazi americani? Per Marzio Minoli “una cosa è certa: mercoledì sera c’è stata un’asta di titoli di Stato americani che è andata benissimo, soprattutto con investitori esteri. E se fosse stato Trump, questa volta a baciare il deretano agli investitori stranieri pregandoli di acquistare titoli, abbassando i tassi, e poi ringraziarli con la sospensione di 90 giorni dei dazi?”

La Cina contrattacca ai dazi di Trump
Telegiornale 09.04.2025, 20:00