Il premier britannico Rishi Sunak ha lanciato una stretta decisiva, con tanto di intervento televisivo rivolto al Regno Unito e conferenza stampa, per far partire il controverso piano Ruanda, voluto dal governo conservatore con l’obiettivo di trasferire nel Paese africano quote di richiedenti asilo giunti illegalmente sulle coste britanniche. Sunak ha affermato che il piano sarà attuato “succeda quel che succeda”: i primi voli con destinazione Kigali decolleranno “entro 10-12 settimane” al più tardi.
Il primo ministro, sentendo ormai ridursi il tempo a sua disposizione per attuare questa iniziativa ritardata più volte rispetto a una scadenza inizialmente fissata “entro la primavera”, con le elezioni politiche previste prima di fine anno, ha fatto sentire tutta la pressione possibile, perfino troppa secondo i critici, sul Parlamento di Westminster riunito per l’approvazione finale (data per scontata visti i numeri della maggioranza) della legge attuativa sul piano al centro di tante polemiche.
“Non ci sono se e non ci sono ma”, ha dichiarato Sunak, parlando dal podio con lo slogan “Fermare i barconi”, in riferimento al flusso di migranti “clandestini” portati attraverso la Manica da scafisti di vari Paesi. Ha poi rassicurato sul superamento di tutti quelli che sono stati gli ostacoli maggiori alla realizzazione del progetto: i voli charter per trasportare i migranti “sono pronti”, nonostante il rifiuto di molte compagnie aeree (inclusa la linea di bandiera del Paese africano, RwandAir) a collaborare con l’Home Office, lamentando un possibile danno d’immagine; l’organizzazione inoltre è stata predisposta, con centri ad hoc, tribunali e magistrati impegnati nel valutare le richieste d’asilo e centinaia di addetti alla sicurezza per il trasferimento in Africa; al possibile rischio di nuovi ricorsi legali, presso la Corte europea dei diritti dell’uomo come alternativa al draconiano giro di vite previsto dalla stessa normativa alle possibilità di appello di fronte alla giustizia nazionale, Sunak ha risposto che “nessun tribunale internazionale ci fermerà”.
Quindi il primo ministro conservatore ha chiesto di far cessare il lungo ping pong istituzionale delle ultime settimane fra le due Camere di Westminster, in quanto la sua pazienza è “al limite come quella dei britannici”, denunciando come “trucchetti” i tentativi di ostruzionismo imputati ai Lord per iniziativa di parlamentari laburisti, che avevano presentato una serie di emendamenti per alleggerire la stretta legislativa oltre a criticarla sui costi e la fattibilità, tutti regolarmente respinti dalla maggioranza Tory ai Comuni. In base alla prassi, la Camera alta è tenuta in ultima istanza a cedere il passo a quella dei Comuni - unico organo elettivo - in caso di conflitto, anche se non ci sono obblighi definiti sulla tempistica del ping pong parlamentare.
Ma oggi è stata in pratica imposta una sessione fiume a deputati e lord entrambi riuniti, per chiudere la partita legislativa - mancando poi solo lo scontato Royal Assent, la firma di re Carlo, in veste di capo di Stato - mentre sono continuate le accuse lanciate dalle ong in difesa dei migranti che hanno bollato nuovamente l’iniziativa come “brutale” e “impraticabile” promettendo comunque di dare battaglia in ambito legale, sebbene i margini per farlo siano ridotti al minimo.
Non sono quindi finiti gli ostacoli per il governo Sunak, che ha anche evocato negoziati con la Francia (Paese di partenza dei viaggi finali degli scafisti diretti in Inghilterra) e il Vietnam (Paese di raccolta di molti migranti asiatici) per restringere le possibilità di manovra dei “trafficanti di esseri umani” e minimizzare tutti “i cavilli” disponibili. Mentre gli ultimi numeri di sbarchi illegali sulle coste inglesi hanno segnato un aumento di oltre il 20% dall’inizio dell’anno rispetto allo stesso periodo nel 2023.
Piano Ruanda in dirittura d'arrivo
Telegiornale 22.04.2024, 20:00