Gli Stati Uniti intendono “prendere il controllo della Striscia di Gaza”: questo l’annuncio shock di Donald Trump nella notte svizzera su mercoledì, dopo aver ricevuto alla Casa Bianca il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Una proposta che, secondo il capo del Governo dello Stato ebraico “potrebbe cambiare la storia”.
Trump ha parlato del territorio palestinese come di “un cantiere in demolizione”, in seguito a oltre un anno di guerra durante il quale Israele ha raso al suolo gran parte degli edifici. “Ne prenderemo il controllo e saremo responsabili dello smantellamento di tutte le bombe inesplose e di tutte le armi”, ha detto Trump, “ci sbarazzeremo di tutte le case distrutte” per ricostruire e sviluppare economicamente l’area e trasformarla in una “riviera del Medio Oriente”. Trump ha promesso di recarsi nell’area ma non ha voluto dire né come né in quanto tempo intende realizzare il progetto “a lungo termine”.
Ha sostenuto che i Paesi vicini “sono entusiasti dell’idea”. Non è affatto il caso, però, perché quando nei giorni scorsi il presidente statunitense aveva già balenato l’idea di trasferire i due milioni di abitanti in Giordania e in Egitto, “luoghi più sicuri”, aveva suscitato un’ondata di indignazione internazionale, compresa quella di Amman e del Cairo. Trump intende però aumentare la pressione: ha già parlato con il presidente egiziano al Sissi e riceverà in settimana il re giordano Abdallah.
I palestinesi stessi sono ovviamente ostili alla proposta, che piace invece alla destra israeliana intenzionata a far deragliare la seconda fase del cessate il fuoco in vigore dal 19 gennaio nella Striscia e a estendere le colonie. Una tregua che ha permesso a centinaia di migliaia di abitanti della Striscia di Gaza di ritornare finalmente alle proprie abitazioni, a 18 ostaggi israeliani di tornare in libertà e a 600 prigionieri palestinesi di lasciare le prigioni israeliane.
Le reazioni
L’ambasciatore palestinese all’ONU Riyad Mansur, ha chiesto ai dirigenti mondiali di “rispettare il desiderio del popolo palestinese” di vivere a Gaza. La presidenza dell’ANP ha “respinto fermamente” la proposta statunitense. Hamas ha definito l’idea “assurda e ridicola”. “Razzista”, ha poi rincarato la dose un portavoce. Dal canto suo l’Arabia Saudita, con cui sotto l’egida di Trump Israele ambisce e normalizzare le relazioni - e Netanyahu lo ha ribadito a Washington - ha reiterato che non intende procedere in quella direzione. La pace con Tel Aviv, ha dichiarato la diplomazia di Riad, dipende dalla creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme Est come capitale.
La Turchia, che fa parte della NATO ma non è certo amica di Israele, per bocca del suo ministro degli esteri ha definito il piano di Trump “inaccettabile” per tutti i Paesi della regione, contrari all’espulsione della popolazione palestinese dalla Striscia.
Poche le voci europee finora: interpellato in proposito durante un’audizione davanti alle Commissioni degli esteri di Camera e Senato, il capo della diplomazia italiana Antonio Tajani ha detto che Roma “non ha cambiato idea” e rimane in favore di una soluzione dei due Stati in Palestina.
La Russia, per parte sua, ritiene che una soluzione in Medio Oriente sia possibile solo sulla base di una soluzione a due Stati, ha dichiarato mercoledì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.