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Trump di ritorno alla Casa Bianca, i timori degli ambientalisti

A margine del WEF chi si occupa di lotta al cambiamento climatico guarda con preoccupazione, ma anche con un certo ottimismo al futuro, nonostante i segnali dagli Stati Uniti

  • Oggi, 05:49
  • 21 minuti fa
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La politica climatica di Trump vista dagli ambientalisti

SEIDISERA 21.01.2025, 18:00

  • Keystone
Di: Alan Crameri, Inviato RSI al WEF di Davos

Più trivellazioni per estrarre petrolio, disdetta dell’accordo di Parigi sul clima... nelle prime ore del suo mandato Donald Trump ha annunciato un cambio radicale della politica climatica degli Stati Uniti. Per capire l’umore tra gli ambientalisti, ci siamo recati al Climate Hub di Davos, lo spazio che riunisce leader nel campo della lotta al surriscaldamento durante il Forum economico mondiale (WEF). Lì, abbiamo incontrato Chad Frischmann, ricercatore e autore americano, fondatore dell’organizzazione RegenIntel, che promuove l’idea di un’economia rigenerativa.

“Non mi sorprende quanto ha detto Trump nel discorso di investitura. Era stato chiaro già durante la campagna. Mi colpisce però il cambiamento dell’opinione pubblica sui temi ambientali. E mi preoccupa lo stop ai permessi di costruzione di nuovi impianti eolici annunciato da Trump. La vera sorpresa è la rapidità con cui ha già preso alcune decisioni. La retorica invece non mi sorprende... Trump as usual”.

Ma è possibile quantificare l’impatto sul clima delle decisioni già prese?

“È chiaramente un grande passo indietro. Ma siamo onesti: anche sotto l’amministrazione Biden non era tutto perfetto. Certo si è investito molto nelle rinnovabili, ma anche l’estrazione di gas è aumentata. Gli Stati Uniti non sono perfetti dal punto di vista della politica climatica. Ma certo rispetto a prima il passo indietro è significativo, vengono annullati progressi di anni. E ciò si ripercuoterà sull’atmosfera”.

Teme che gli Stati Uniti ora aprano la strada ad altri paesi, che potrebbero abbandonare gli obiettivi climatici?

“Non vedo nessuna nazione che lo stia seguendo. Anche durante la prima amministrazione Trump è stato così. Il governo cinese ad esempio ha capito che è nel settore ambientale che l’economia è destinata a crescere. E anche i paesi europei non stanno facendo passi indietro”.

E le aziende invece, quanto vengono influenzate?

“Loro sì, purtroppo. Inizialmente quando è stato eletto Trump mi sono illuso che potessero reagire mantenendo la propria filosofia. Invece dall’elezione all’inaugurazione molti hanno cambiato strategia. Ma la cosa che mi preoccupa di più è che nessun leader economico o del mondo finanziario ha alzato la voce dicendo ‘se non ci pensa il governo Trump, facciamo noi uno sforzo a favore dell’ambiente’. E invece no, è capitato il contrario, e mi preoccupo”.

Signor Frischmann, Lei promuove una strategia per la salvaguardia ambientale con il concetto di “intelligenza rigenerativa”: di cosa si tratta?

“In realtà è un concetto noto da tempo. Invece di aumentare i profitti, vogliamo aumentare il benessere. Il bello è che basta applicare le ricette che già conosciamo: energie rinnovabili, mangiare un po’ meno carne, tecnologie migliori, eccetera. Una società rigenerativa punta al benessere, alla felicità. Così che a vincere non sia una semplice minoranza che ruba risorse agli altri, ma alla fine vincono in tantissimi...”

Beh, almeno su questo concorda con Trump, anche a lui piace vincere...

“Sì, gli piace vincere... ma sono convinto che rappresenti un sistema oramai morto, stiamo semplicemente assistendo alle ultime convulsioni di questo sistema. Però non mi piace pensare a un sistema da distruggere, semplicemente dobbiamo ‘compostarlo’, usare le sue energie per crearne uno nuovo, prendendoci cura di una transizione verso un mondo e un futuro migliore”.

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