La Russia ha cominciato oggi, martedì, a schierare in Nagorno-Karabakh i quasi 2'000 uomini, 90 blindati e 380 altri veicoli del suo contingente di pace, in applicazione dell'accordo di cessate il fuoco fra Armenia e Azerbaigian raggiunto e applicato dalla tarda sera di lunedì sotto l'egida di Mosca.
L'intesa sancisce di fatto la vittoria militare azera: Baku recupera di fatto le zone cuscinetto attorno alla regione secessionista popolata da una maggioranza armena, che la controllava dal sanguinoso conflitto dell'inizio degli anni '90, ma anche le aree della provincia che aveva riconquistato nelle sei settimane di battaglia, inclusa la città strategica di Shusha che aveva occupato domenica. Agli armeni resta quanto ancora in loro possesso, compresa la capitale Stepanakert, e un corridoio che permetterà di raggiungere la madre patria.
Un clima di festa a Baku
"È un accordo incredibilmente doloroso", ha ammesso il premier armeno Nikol Pashinyan nel renderlo noto, ed è infatti stato accolto con manifestazioni di collera a Erevan, contrapposta alla gioia nelle strade di Baku. La tenuta del Governo, dopo la capitolazione, è a rischio.
RG 18.30 del 10.11.2020 La testimonianza di Filippo Rossi raccolta da Paola Nürnberg
RSI Info 10.11.2020, 19:30
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La sua sede e quella del Parlamento sono state saccheggiate al grido di "traditori" e "dimissioni". È quanto racconta nella sua testimonianza il giornalista ticinese Filippo Rossi, che si trova proprio nella capitale armena.
Tuttavia, era un passo probabilmente inevitabile: Araik Arutyunyan, presidente del Nagorno-Karabakh, ha affermato che "se le ostilità fossero continuate, ancora qualche giorno e avremmo perso tutto".
Almeno 1'440 morti e gravi danni
Ora la comunità internazionale si augura che il cessate il fuoco, a differenza delle tregue concordate e non rispettate nelle scorse settimane, stavolta regga. "C'è ora il vantaggio che è stata definita la questione dei territori", spiega Rossi, "e che le forze russe costituiranno un deterrente" ma il rischio di nuove violenze "è sempre latente". La Turchia, alleata degli azeri, intanto festeggia, mentre il presidente francese Macron le chiede dal canto suo di "mettere fine alle provocazioni" e l'Iran, altra potenza dell'area, auspica il ritiro dei combattenti stranieri sunniti che hanno contribuito alla causa azera. Il bilancio di un mese e mezzo di combattimenti è di almeno 1'440 morti, probabilmente stimato ampiamente per difetto.
Un cessate il fuoco doloroso
Telegiornale 10.11.2020, 21:00