Uno dei primi atti di Joe Biden, il neoeletto presidente degli Stati Uniti, è stato quello di cancellare il permesso per la realizzazione dell'oleodotto Keystone XL. L’autorizzazione per la controversa opera, che attraversa alcuni territori considerati sacri dai nativi americani, era stata concessa da Donald Trump nel 2017 dopo che il predecessore Barack Obama l’aveva bloccata nel 2015.
Chi da sempre si oppone al Keystone XL la ritiene un'infrastruttura dannosa sia dal punto di vista ambientale che culturale: "Ora speriamo che il progetto Keystone XL sia davvero morto", sostiene Randy Thompson, un rancher del Nebraska, ai microfoni della RSI.
Ma non tutti vogliono che i lavori per l'oleodotto, che dovrebbe trasportare circa 830'000 barili di petrolio al giorno, dalla regione di Alberta in Canada negli Stati Uniti attraverso il Montana, il South Dakota e il Nebraska, vengano fermati.
Blake Moser, un giovane di 27 anni, ha perso il lavoro poche ore dopo la firma del presidente USA, che ha bloccato l'attività: "Con il Covid e la crisi sarà dura trovare un altro posto così ben pagato", spiega ai microfoni della RSI.
Anche il direttore dei repubblicani in Nebraska, Ryan Hamilton, non concorda con l'inquilino della Casa Bianca. Il politico pensa infatti che la decisione si ritorcerà sull'economia.
In sostengo di Keystone XL si è espresso anche il primo ministro canadese, Justin Trudeau. Per la provincia di Alberta è infatti fondamentale mantenere un rapporto con il mercato statunitense.