Analisi

Ucraina, le sfide tra guerra e divisioni interne

Si chiude oggi a Berlino la terza Conferenza per la ricostruzione, un appuntamento che mira al periodico coordinamento del sostegno internazionale

  • 12 giugno, 10:38
  • 12 giugno, 12:01
Volodymyr Zelensky

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli

Dopo quelle di Lugano nel 2022 e Londra lo scorso anno, la Conferenza per la ricostruzione dell‘Ucraina è giunta alla sua terza tappa a Berlino nel 2024. Non sarà l’ultima, per il 2025 è già programmata la prossima in Italia, con la guerra in corso che comunque non offre prospettive di pace sul breve periodo e il paese è sempre più in difficoltà di fronte all’aggressione russa: al di là del quadro militare, che in quasi due anni e mezzo di conflitto ha segnato fasi alterne, quello generale dell’economia e dello stato delle infrastrutture del paese, sottoposte costantemente agli attacchi russi, non solo nelle regioni limitrofe alla linea del fronte, appare sempre più grave. L’obbiettivo delle conferenze non è tanto quello di raccogliere immediatamente gli aiuti necessari per la ricostruzione, non si tratta di vertici di paesi donatori, quanto di coordinare periodicamente il sostegno internazionale, in parte sì per aiuti più urgenti, ma più per sviluppare piani e progetti per una ripresa rapida del paese quando il conflitto sarà terminato, soprattutto con attenzione al settore degli investimenti privati. Senza un orizzonte reale di pacificazione i problemi però si moltiplicano.

Il quadro economico

Secondo i dati del Fondo monetario internazionale l’economia ucraina dovrebbe crescere nel 2024 di circa il 3%, segnando una tendenza positiva dopo il tonfo del primo anno di guerra in cui era sceso del 30%. Il paese è sostenuto con un piano quadriennale complessivo di 122 miliardi di dollari che serve per rimanere a galla in tempi di incertezza elevata e di previsioni impossibili sul lungo periodo che devono costantemente essere rapportate all’andamento del conflitto. Le stime della Banca mondiale hanno valutato i costi della ricostruzione in 480 miliardi di dollari, ma la cifra è indicativa e temporanea.

Solo per quest’anno il governo ucraino ha calcolato che servono oltre 15 miliardi di dollari per mantenere efficienti i vari settori, dagli alloggi e servizi pubblici (3,1 miliardi di dollari) ai trasporti e alla logistica (2,3 miliardi) dalle infrastrutture sociali (2,4 miliardi) all’industria e ai servizi (3,6 miliardi). Il settore energetico messo a dura prova dagli attacchi sistematici russi alle infrastrutture necessita di 2,7 miliardi di dollari. Per il Fondo monetario internazionale l’Ucraina dovrà in ogni caso affrontare nuove fasi difficili con un rallentamento generalizzato dell’economia nella seconda metà dell’anno, considerando proprio la pressione russa su larga scala al settore energetico.

I problemi interni

Oltre alle difficoltà oggettive e in evoluzione nel contesto del conflitto, l’Ucraina deve fare i conti anche con i problemi interni di natura politica, con le divisioni non solo tra governo e opposizione, che la fase della guerra poco favorevole a Kiev sta riportando alla superficie, ma anche con gli screzi all’interno del blocco di potere guidato dal presidente Volodymyr Zelensky, tra governo, amministrazione e i grandi attori nel settore pubblico e privato. L’ultimo esempio ha riguardato proprio il capo dell’Agenzia ucraina per la ricostruzione, Mustafa Nayyem, che alla vigilia della conferenza a Berlino ha gettato la spugna accusando il governo di avere regolarmente boicottato il suo lavoro, fino a impedirgli di andare in Germania per la riunione internazionale.

La vicenda ha suscitato scalpore a Kiev proprio perché Nayyem è una figura molto popolare: prima di arrivare alla politica è stato un giornalista, ricordato soprattutto per il famoso tweet in cui il 21 novembre del 2013 aveva invitato i cittadini della capitale a scendere in piazza per manifestare contro la decisione dell’allora presidente Victor Yanukovich di non firmare l’Accordo di associazione con l’Unione Euroepa. Da lì presero il via le proteste che condussero al massacro di Maidan e all’arrivo del governo filoccidentale in Ucraina nel 2014.

Nayyem ha chiamato in causa il premier Denys Shmihal, fedelissimo del capo dello Stato, e si è lamentato tra l’altro del modo in cui sono stati distribuiti i fondi per l’Agenzia. Qualche settimana fa era stato silurato improvvisamente a Kiev anche in ministro per le Infrastrutture, Olexandr Kubrakov, perno centrale nel contesto della ricostruzione, considerato dai partner occidentali un punto di riferimento. Dietro la girandola di poltrone, quest’ultima come le altre precedenti, non è difficile intravedere la tendenza del gruppo più vicino a Zelensky ad accentrare sempre più il controllo sulla gestione e ridistribuzione delle risorse e degli aiuti internazionali.

A Berlino la terza conferenza per l'Ucraina

Telegiornale 11.06.2024, 20:00

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