Il presidente russo Vladimir Putin ha definito la dissoluzione dell‘Unione sovietica "la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo". Nel 1991 il crollo dell’URSS ha dato vita a quindici repubbliche indipendenti, stati sovrani che prima erano inglobati nell’impero comunista. Sono nati quindi nel cuore dell’Europa l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia, sul Baltico l’Estonia, la Lettonia e la Lituania, in Caucaso l’Armenia, l’Azerbaigian e la Georgia, in Asia centrale i cinque Stan: Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. È stato un parto molto doloroso, con guerre civili che si sono scatenate in Tagikistan (1992-1997), tra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno Karabakh (negli anni Novanta, ripresa nel 2019), in Moldavia (con la creazione della Transnistria) e hanno causato decine di migliaia di morti.
Tutti i Paesi dell’ex URSS hanno avuto una storia complicata, caratterizzata prima dalla dominazione zarista e poi sovietica. In Europa centrale le sovrapposizioni sono state molte, con gli attuali Stati che nei secoli passati hanno avuto confini variabili, determinati prima da guerre e poi da trattati di pace e relative spartizioni. Tra Russia e Ucraina vi è stato sempre un legame molto particolare, partendo proprio dalle profonde radici storiche.
RG 12.30 del 22.02.2022: l'analisi storica di Paolo Calzini
RSI Info 22.02.2022, 16:38
La Rus di Kiev
La Rus di Kiev è stata infatti la prima monarchia slava sorta nel IX secolo nei territori dell’Europa centro-orientale che oggi comprendono a grandi linee parti di Ucraina, Russia, Polonia, Paesi Baltici. Capitale era appunto Kiev, fino al declino tra il XII e XIII secolo. Dopo le invasioni mongole e Gengis Khan, si sono sviluppati altri centri di potere, tra cui il Principato di Moscovia (1283-1547), predecessore dell’impero zarista. Il centro religioso dell’ortodossia si era già trasferito da Kiev a Mosca e sono seguiti poi i secoli della dominazione russa, con il periodo dei torbidi (1598-1613) e la vera e propria fase imperiale (1721-1917), poi quella sovietica (1917-1991). Durante tutto questo processo che è sfociato nell’attuale Ucraina, il Paese è cresciuto con due anime profondamente diverse, derivanti appunto da tutti i passaggi della storia che hanno influenzato il territorio, la cultura, la lingua, le tradizioni: da una parte le regioni occidentali, quelle passate prima attraverso le dominazioni polacche ed austroungariche; dall’altra quelle orientali, legate al mondo russo. Kiev, al centro di questa grande nazione con oltre quaranta milioni di abitanti è stata sempre la capitale che ha dovuto sintetizzare le differenti identità.
Donbass: entrano le truppe
Telegiornale 22.02.2022, 13:30
L’Ucraina spaccata
Dopo il crollo dell’URSS e l’indipendenza, l’Ucraina ha continuato a svilupparsi, politicamente ed economicamente, secondo due direttrici, una più filo-europea, l’altra filo-russa. Le regioni dell’ovest, intorno al capoluogo della Galizia Leopoli, hanno ripreso il loro slancio verso l’Europa, quelle dell’est e del Donbass sono rimaste ancorate alla Russia. Le élite politiche e i vari presidenti che si sono succeduti hanno inizialmente mantenuto un certo equilibrio verso le spinte centrifughe, fra chi cioè tendeva verso occidente e una maggiore integrazione delle strutture occidentali, e chi invece prediligeva il rapporto con Mosca. Dopo le prime due presidenze di Leonid Kravchuk e Leonid Kuchma, il conflitto è esploso nel 2004 con la Rivoluzione arancione che ha portato alla presidenza il filo-occidentale Viktor Yushchenko. Nel 2010 è stato sconfitto dal filorusso Viktor Yanukovich che a sua volta è stato defenestrato con la rivoluzione di Euromaidan nel 2014, considerata a Mosca un vero colpo di Stato, in Occidente invece un passaggio democratico, seppur turbolento. L’Ucraina con le sue divisione interne storiche, prima ancora dell’annessione della Crimea e l’inizio del conflitto nel Donbass, si era già trasformata nel terreno di una proxy war, di una guerra per procura, tra Russia e Stati Uniti.
La visione russa
Per la Russia l’Ucraina è oggi un paese fondamentale, non tanto per la questione dei legami storici, linguistici e culturali che legano Mosca da secoli con parte del Paese, ma per il fatto che nel grande gioco della geopolitica sottrarre Kiev all’influenza russa vuol dire entrare nel cuore di quello che per secoli è stato un impero e solo da tre decenni è stato diviso. Si tratta degli equilibri del continente, dell’architettura di sicurezza europea che secondo il Cremlino deve essere rinnovata, dopo l’allargamento della NATO a est che - nonostante varie promesse e dichiarazioni fatte nel corso degli anni Novanta, mai sfociate in accordi ufficiali - è stato il grimaldello dell’Occidente per arrivare a minacciare gli interessi russi. L’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica, definito sempre come una priorità dai presidenti filo-occidentali da Yushchenko in poi, mentre Yanukovich nel 2010 aveva ancorato la neutralità ucraina nella Costituzione (poi cambiata dopo la rivoluzione del 2014) è sempre stato contrastato dalla Russia e da Vladimir Putin. Con la sua retorica neoimperialistica, la strumentalizzazione del passato comune di Russia e Ucraina e l’uso di metodi tecnico-militari, il presidente russo tenta così di ridefinire adesso gli spazi di influenza in Europa.