All'indomani del riconoscimento dell'indipendenza dei territori separatisti del Donbass da parte di Vladimir Putin, il mondo s'interroga su quali siano le reali intenzioni del Cremlino. Secondo diversi osservatori, Mosca potrebbe ambire a creare una continuità territoriale con la regione della Crimea, di fatto annessa alla Russia dal 2014.
"Se questo effettivamente accadrà, ci dovremo aspettare uno scontro armato che potrebbe avere dimensioni particolarmente pericolose perché qualche Paese potrebbe decidere di fornire il proprio supporto all'esercito ucraino per resistere" ha spiegato Vincenzo Camporini.
L'analista dell'Istituto affari internazionali ai microfoni della RSI ha inoltre sottolineato che dal punto di vista politico a Putin non converrebbe mettersi a controllare un territorio che gli è ostile. Un'invasione di tutta l'Ucraina è quindi probabilmente da escludere: "L'escalation militare continuerà fin quanto conviene a Putin. Un allargamento limitato in modo da avere un collegamento fisico con la Crimea sarebbe militarmente e politicamente più digeribile e tollerabile".
Uno scenario che si ripete
Quanto sta capitando relativamente al Donbass ricorda l'analogo scenario vissuto in Georgia nel 2008: la Russia, scesa in campo a supporto dei separatisti, riconobbe da sola l'indipendenza delle repubbliche dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia.
Secondo Camporini, ora tanto dipenderà anche da cosa deciderà di fare l'Ucraina. Provare a riprendere dei territori che nemmeno riusciva veramente a controllare con gli irredentisti locali oppure lasciare questi territori tra i "conflitti congelati"?