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Ue vara legge per l’industria verde, sì al nucleare

OK definitivo al Net-Zero Industry Act, la prima legge che vincola il continente a produrre tra i suoi confini il 40% del fabbisogno annuo di tecnologie pulite

  • 27 maggio, 20:08
  • 27 maggio, 20:08
La rappresentazione grafica di un progetto di reattore modulare di piccola taglia (SMR)

La rappresentazione grafica di un progetto di reattore modulare di piccola taglia (SMR)

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Di: ATS/RSI Info

Costruire un’industria a zero emissioni per rispondere alla domanda, sempre più alta, di tecnologie pulite (spesso designata con l’espressione inglese “cleantech”). Da Bruxelles arriva il via libera definitivo al Net-Zero Industry Act, la prima legge che vincola il continente a produrre tra i suoi confini il 40% del fabbisogno annuo di materiali cleantech, necessari alla transizione verde entro il 2030 (e a raggiungerne il 15% del valore di mercato su scala globale).

Si tratta di una risposta di Bruxelles - sempre più stretta tra la concorrenza cinese e l’enorme piano di sussidi statunitensi da 370 miliardi di dollari (338 miliardi di franchi al cambio attuale), l’Inflation Reduction Act (Ira) - che eleva anche il ruolo del nucleare.

“La domanda” di tecnologie pulite “è in crescita in Europa e nel mondo, e ora siamo in grado di soddisfarne una parte maggiore con un’offerta europea”, ha sintetizzato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, promotrice un anno fa del Piano industriale per il Green Deal (il Patto verde europeo, un insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050), di cui il Net-Zero Industry Act è pilastro centrale.

La norma contempla un elenco di tecnologie strategiche che godranno di permessi accelerati e potranno ricevere finanziamenti dall’Ue. E tra loro - dopo lunghi mesi di negoziati dominati dal braccio di ferro tra Parigi e Berlino - trova un posto di rilievo anche l’atomo, determinando la vittoria della linea francese.

Insieme alle tecnologie per la fissione nucleare e al ciclo del combustibile nucleare, nell’elenco figurano anche i pannelli solari, le pale eoliche onshore (sul continente) e le tecnologie per le energie rinnovabili offshore (in mare); batterie e stoccaggio dell’energia, ma anche pompe di calore e idrogeno.

Sul regolamento, per quanto innovativo, pesa tuttavia il nodo delle risorse: il Net-Zero Industry Act non dispone di alcun nuovo impegno finanziario da parte dell’Ue. Di fatto, Bruxelles si limita a incoraggiare i governi a utilizzare i proventi ricavati dal nuovo mercato comunitario del carbonio, il sistema Ets (per European Union Emissions Trading System) di scambio delle emissioni che traduce in pratica il principio “chi inquina paga”.

Non solo industria verde. Con le elezioni europee ormai alle porte, accelera anche l’impegno della presidenza belga dell’Ue per chiudere quanti più dossier possibili del Patto verde. Dal Consiglio europeo - riunito in formato Agricoltura - è arrivato l’ok anche alle nuove norme sull’”ecodesign” per la progettazione ecocompatibile dei prodotti, che tra le altre cose introducono un divieto di distruzione dei vestiti invenduti e un passaporto digitale per le informazioni degli stessi prodotti.

I ministri hanno confermato l’accordo con l’eurocamera che secondo l’Italia - unica al tavolo ad astenersi - non ha garantito di raggiungere un testo equilibrato a tutela dell’ambiente tenendo conto delle esigenze manifatturiere.
Roma si è invece espressa favorevolmente alla stretta sulle fughe di metano provenienti dai settori energetici: dal petrolio al gas, passando per il carbone e il biometano. I Paesi hanno confermato l’intesa politica raggiunta a novembre con il Parlamento europeo per costringere le compagnie energetiche a rilevare e riparare regolarmente le perdite di metano derivate dalle loro attività, comprese le importazioni.

Una stretta con cui Bruxelles punta ad accelerare la lotta al cambiamento climatico, dal momento che il metano è un potente gas serra con una maggiore capacità di intrappolare calore rispetto alla CO2, e dunque un impatto sul surriscaldamento di oltre 80 volte superiore a quello dell’anidride carbonica su un periodo di 20 anni.

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