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Il sostegno all’Ucraina è in forte calo

Dagli Stati Uniti solo mezzo miliardo di dollari fra gennaio e febbraio e anche l’UE sta facendo meno, nonostante i proclami

  • Ieri, 10:39
  • Ieri, 13:23
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Meno armi per Kiev

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Di: Stefano Grazioli 

I nuovi dati dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel, in Germania, certificano la drastica riduzione degli aiuti occidentali, militari e finanziari, all’Ucraina, nei primi mesi di quest’anno. Secondo i numeri dell’Ukraine Support Tracker il supporto degli Stati Uniti tra gennaio e febbraio 2025 è stato pari a 0,5 miliardi di dollari, quello dell’Europa a 6,9 miliardi. Dopo l’impennata della fine della fine del 2024, con i 26,8 miliardi stanziati dall’amministrazione Biden, l’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha praticamente azzerato il supporto; per l’Europa continua la tendenza alla diminuzione degli aiuti, con il record negativo dall’aprile del 2022: mai così poco è stato fornito all’Ucraina come nei primi sessanta giorni di quest’anno e la curva del sostegno è in costante decrescita dall’inizio del 2023, quando si era raggiunto il record di 15,1 miliardi nel trimestre fra gennaio e marzo.

Dalla primavera di due anni fa l’appoggio europeo si è progressivamente assottigliato e nonostante la retorica del supporto incrollabile a Kiev da parte di Bruxelles e di alcuni paesi dell’Unione, le cifre evidenziano la forbice sempre più ampia tra realtà e promesse, sottolineata dalle ricorrenti dichiarazioni del presidente ucraino Zelensky sull’insufficienza dell’aiuto concesso.

Le conseguenze sul terreno

I dati dell’IWF di Kiel sono la cartina di tornasole per l’andamento della guerra, che dalla fallita controffensiva ucraina del 2023 ha preso una piega negativa per Kiev. Da allora, parallelamente all’inizio della riduzione degli aiuti, Mosca ha mantenuto l’iniziativa sul terreno, avanzando progressivamente nel Donbass e mettendo sotto pressione le forze ucraine su tutta la linea del fronte. A Kiev non sono bastate le decisioni di USA, Francia e Gran Bretagna di concedere il via libera nell’autunno del 2024 all’utilizzo di sistemi missilistici a lungo raggio (Himars e Scalp-Storm Shadow) per colpire in profondità il territorio russo e l’impatto delle armi concesse è stato molto limitato, sia dal punto di vista offensivo, che da quello difensivo.

Le difficoltà ucraine, causate in parte dalla insufficienza del sostegno occidentale, sono state inoltre aggravate da decisioni tattiche rivelatesi fallimentari, come quella dell’incursione nell’estate del 2024 nella regione russa di Kursk, che ha aperto il fianco nel Donbass, facilitando la penetrazione delle forze di Mosca. All’inizio di quest’anno, approfittando ulteriormente della debolezza ucraina, la Russia pare voler sfruttare il momento, in cui si è aperto comunque il dialogo con gli USA, per rafforzare le proprie posizioni e premere sui punti vulnerabili sulla linea di contatto nordorientale ucraina nelle regioni di Sumy e Kharkiv.

Le differenze tra USA e Europa

La posizione ucraina è dunque oggettivamente peggiorata e, al di là delle intenzioni russe sul breve e medio periodo, può essere modificata in positivo solo con una ripresa del supporto statunitense e un consistente aumento di quello europeo. Al momento però il quadro è complesso e se da una parte il tentativo di riavvicinamento fra Cremlino e Casa Bianca, unito al difficile rapporto fra Trump e Zelensky, ha congelato di fatto gli aiuti a stelle e strisce a Kiev, dall’altra parte l’Europa sta trovando comunque problemi a gestire il disimpegno degli USA e a trovare unità di vedute e d’intenti al proprio interno.

Oltre quindi alla dimostrata riduzione dell’appoggio all’Ucraina, l’Unione Europea è divisa tra chi propone una linea di supporto totale a parole, anche se nei fatti il responso è un altro, con il gruppo trainato da Parigi e Londra; chi è più cauto come Berlino e Roma; chi invece si è allineato sostanzialmente a Washington, come Budapest e Bratislava. Per tentare di superare le divisioni e fornire più aiuto concreto a Kiev è stata lanciata la cosiddetta coalizione dei volenterosi, che però sino ad ora si è limitata ad esternazioni, senza veri passi concreti: nell’ambito ad esempio della discussione su una possibile missione postbellica di peacekeeping, solo un pugno di nazioni su una trentina nominalmente facenti parte del gruppo si è espresso a favore dell’invio di propri soldati. L’Unione Europea e i suoi singoli Paesi sono in ogni caso a margine della fase negoziale in atto tra Russia e Stati Uniti e bisognerà aspettare gli sviluppi di questo per capire se e quale ruolo potranno avere Bruxelles e le cancellerie continentali nel processo di pacificazione e ridefinizione degli equilibri internazionali.

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