Compie un secolo la più terribile delle pandemie di influenza, la “Spagnola”, che dall'inizio del 1918 fece la sua comparsa in tutto il mondo causando, secondo una stima superficiale, tra i 20 e i 50 milioni di morti. A rendere quel virus più devastante c'era la popolazione provata dalla Grande Guerra. E stranamente la malattia mieteva più morti tra i 15 e i 34 anni, ossia tra chi doveva essere più resistente.
Il cimitero nelle Isole Svalbard con più vittime della Spagnola studiate dai ricercatori
Il simbolo di quell'evento sono le croci bianche del piccolo cimitero delle Isole Svalbard, nell'Artico, da dove il virus è stato "riesumato", analizzato e studiato, fornendo informazioni preziose per contrastare l'eventuale arrivo di virus altrettanto aggressivi.
Infatti non farsi trovare impreparati di fronte a virus sconosciuti o a nuove minacce globali come i batteri resistenti agli antibiotici, è la lezione più importante della terribile pandemia. Del resto sono state ricostruite solo dieci anni fa le mutazioni che hanno permesso alla Spagnola di fare il "salto di specie" poi alla base della trasmissione da uomo a uomo e del contagio mondiale.
ANSA/EnCa