L’occasione è la presentazione del suo ultimo libro, “A Legacy of Spies”, nel quale ritorna - a sorpresa - il suo più celebre agente speciale, George Smiley. Quasi 2'500 persone si sono date appuntamento giovedì 7 settembre al Southbank Centre di Londra, per quella che potrebbe essere la sua ultima apparizione pubblica.
Non indugia in convenevoli John Le Carré, da sempre refrattario a interviste e domande. Ma di fronte alle tensioni internazionali odierne, accetta di parlare non solo di letteratura. E non fa sconti. Da Trump alla Brexit, fino all’establishment di Londra. Stilettate velenose.
La voce della Guerra fredda non rimpiange la contrapposizione USA - URSS, ma evidenzia le minacce di oggi. “Non sono un vecchio con il vizio di rivalutare il passato. Ma ho avuto la fortuna di vivere lo spionaggio non violento. Oggi è tutto cambiato, il mondo è più inquieto di prima, è più difficile distinguere i buoni dai cattivi”. Di seguito, l'intervista concessa a Lorenzo Amuso.
John le Carré, Southbank Centre's Royal Festival Hall
Quando è cominciata l’attuale confusione? Di chi è la responsabilità?
“La caduta del Muro di Berlino è stata un’occasione persa per riequilibrare la geo-politica mondiale. Al posto di sostenere il processo democratico nei paesi dell’est, non si è fatto altro che umiliare Mosca. Con il risultato sotto gli occhi di tutti oggi. Il maggiore rischio non è una nuova Guerra Fredda, ma il fattore imprevedibilità. La Corea del Nord, e per certi versi anche l’Isis, sfugge alle logiche d’ingaggio di un tempo. Rappresentano minacce terribili perché ogni sforzo, militare o diplomatico che sia, rischia di risultare inutile”.
Come giudica l’elezione di Donald Trump?
“Colgo tantissime analogie con il clima che si era venuto a creare negli anni ’30 in Germania, in Spagna e in Giappone. Trump sta alimentando un odio razziale che ha poi legittimato il fascismo. E’ allarmante come tutto per lui, dall’informazione alle leggi, siano ‘fake news’”.
Eppure la gente lo ha votato. Così come è successo nel Regno Unito con la Brexit.
“Capisco perché la gente si senta socialmente impoverita, abbandonata in uno stato di maggiore insicurezza, e ha tutti i diritti di votare per qualcuno che può regalare dei sogni. Riconosco soprattutto l’urgenza di un cambiamento radicale, ma la Brexit non può essere la risposta”.
Colpa della politica che non è stata in grado di frenare la deriva populista?
“Una società decorosa si definisce attraverso l’élite che sceglie per farsi governare e da come tratta gli ultimi. Per quanto ci riguarda, abbiamo scelto una terribile élite. E basta osservare il nostro pessimo sistema scolastico, insopportabilmente classista e autoreferenziale, per affermare che il contratto sociale nel Regno Unito è irrimediabilmente rotto".