Marianna Budanova, moglie del capo dell’intelligence militare Kirilo Budanov, è in ospedale in cura per un avvelenamento da metalli pesanti. Il veleno le sarebbe stato somministrato attraverso il cibo o una bevanda e avrebbe colpito in maniera più lieve anche altri funzionari del servizio segreto ucraino. La donna, stando a fonti ucraine “sta già meglio” e non sarebbe in pericolo di vita.
Per gli inquirenti è probabile che la trentenne, che vive con il marito “24 ore su 24, sette giorni su sette” non fosse l’obbiettivo dell’operazione. “Queste sostanze non vengono utilizzate in alcun modo nella vita quotidiana e negli affari militari” e “la loro presenza può indicare un tentativo intenzionale di avvelenare una persona specifica”, ha sottolineato il Ministero della difesa ucraino.
Lo stesso Budanov? È possibile. Stando a un portavoce dei servizi di intelligence ucraina solo quest’anno sarebbe sfuggito a dieci tentativi di assassinio russi. Di certo non ha amici tra i vertici di Mosca, che accusano – senza troppi giri di parole – i suoi agenti di numerosi episodi di sabotaggio (come le esplosioni dell’ottobre 2022 sul ponte di Crimea) e di omicidi come quelli di Darya Dugina, figlia dell’ideologo russo Alexander Dugin, e del blogger pro-Russia Vladlen Tatarsky.
Il Cremlino naturalmente respinge le accuse di Kiev, dichiarando che si tratta di affermazioni di routine. “L’Ucraina accusa la Russia di tutto”, ha detto il portavoce, Dmitry Peskov, citato dalle agenzie russe.
RG delle 07.00 del 29.11.2023, il servizio di Pierre Ograbek
RSI Info 29.11.2023, 14:20
I precedenti
La Russia ha dimostrato nel corso degli anni un’elevata competenza in materia di avvelenamenti di avversari politici e c’è chi parla di “una pratica consolidata”. Il precedente più recente è quello dell’oppositore Alexei Navalny, sfuggito per un soffio alla morte nell’agosto del 2020. Stando al suo staff sarebbe stato utilizzato l’agente nervino Novichok, ma non sono mai state trovate prove.
Navalny con i familiari in un'immagine scattata a Berlino dopo il suo avvelenamento
Due anni prima toccò all’ex colonello del servizio segreto militare russo Sergei Skripal, riparato nel Regno Unito, dopo essere stato condannato in patria per alto tradimento. Venne trovato svenuto con la figlia Julia su una panchina di un centro commerciale a Salisbury. Vennero immediatamente ricoverati e per i medici erano stati avvelenati da gas nervino Novichok. Sfuggirono alla morte dopo un lungo ricovero in terapia intensiva, così come un poliziotto inglese rimasto contaminato sulla scena del crimine. Secondo il Governo britannico c’è “un’alta probabilità” che la Russia sia coinvolta nei fatti. Mosca da parte sua ha sempre negato vigorosamente.
La responsabilità russa è data per certa anche in un altro caso, quello dell’ex-spia Alexander Litvinenko, avvelenato con il polonio-210 nel novembre del 2006. Sulla vicenda, nel frattempo diventata anche una serie tv, si è chinata persino la Corte europea dei diritti dell’uomo che ha dato alla Russia la responsabilità della morte di Litvinenko e ha condannato Mosca a risarcire la vedova dell’agente segreto.
L'ex spia russa Alexander Litvinenko in un'immagine scattata nel 2002 a Londra
Il veleno ha già colpito anche in Ucraina
Il caso Viktor Yushchenko fece molto discutere nel 2004, quando alla vittima – candidato filo-europeista alla presidenza ucraina – vennero trovate tracce di diossina nel corpo in quantità 6’000 volte superiori alla normalità. Stando alla sua testimonianza avrebbe ingerito il veleno durante una cena con i servizi di sicurezza ucraini. Successive indagini del suo staff permisero di appurare che il particolare tipo di diossina ingerito viene prodotto solo in quattro laboratori al mondo. Uno di questi si trova a Mosca e fu l’unico a non collaborare all’inchiesta. Sempre stando a Yushchenko pochi giorni dopo l’avvelenamento alcuni membri dei servizi di sicurezza presenti alla cena si sarebbero stabiliti in Russia. La verità non è mai emersa.