Non più la "terra", ma la "guerra" dei fuochi. Quest’estate l’Europa deve combattere contro gli incendi. Anche in Campania da maggio la situazione è particolarmente rovente ed è degenerata a metà luglio. Prima Acerra e Caivano dove sono bruciati rifiuti tossici tra i Regi Lagni e la zona dove si trova un campo rom. Poi l’evento simbolo che tutto il mondo ha visto: il Vesuvio in fiamme per giorni e la nuvola di fumo a ricoprire il vulcano.
Da Ottaviano a Torre del Greco, da Somma vesuviana a Ercolano sono state due settimane di terrore con il fuoco che ha lambito case, ospedali e le due discariche del parco nazionale. Mentre le attenzioni erano rivolte al vulcano, i focolai hanno coinvolto la città di Napoli: dalla periferia Est all’Oasi degli Astroni a ovest fino alla collina di Posillipo. Ma il dramma ambientale non finisce qui. A Bellona, in provincia di Caserta, è andata in fumo la Isilde, un sito di rifiuti speciali che ha sprigionato veleni per giorni.
A Marcianise è bruciata la ex Saffa, gestita da Invitalia mentre a Pastorano va a fuoco il deposito di frigoriferi della Expert, azienda di elettrodomestici. Sono ingenti i danni, ma per ora non calcolabili. Sul Vesuvio si teme per il rischio idrogeologico. In tutta la terra dei fuochi interi terreni e zone a ridosso di discariche sono completamente bruciate. Dopo giorni si alzano ancora fumi velenosi. L’ARPAC (Agenzia regionale per la protezione ambientale in Campania), anche se con notevole ritardo, ha rilevato livelli altissimi di diverse sostanze: benzene, diossine, Pm10, toluene, xilene, formaldeide. In due centraline hanno rilevato valori di Pm10 superiori di 50 volte rispetto alla media giornaliera. E la preoccupazione va ai rischi per la salute, soprattutto per quella dei bambini.
Lorenzo Giroffi e Giuseppe Manzo
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