La pandemia ci ha costretti a modificare la nostra quotidianità e ha cambiato la percezione che abbiamo di noi stessi e del nostro rapporto col mondo. Ci ha messi davanti ai nostri limiti e ha riportato in primo piano un concetto che per molto tempo avevamo dimenticato: quello della nostra vulnerabilità. Una caratteristica che ci strappa dalla nostra società frenetica, consumistica e ipertecnologica, e ci ricorda che abbiamo un destino comune con gli altri esseri viventi che abitano il Pianeta.
La riflessione è di Corine Pelluchon, filosofa francese e docente all’Università Gustave Eiffel di Parigi. Poco prima dello scoppio della pandemia, ha concluso il libro “Réparons le monde. Humains, aimaux, nature” (“Ripariamo il mondo. Umani, animali, uomini, natura”), pubblicato a maggio 2020. Un’opera nata sullo sfondo della crisi climatica e sociale (si pensi ai gilet gialli), che rimette al centro il rispetto degli altri esseri viventi e la consapevolezza – appunto – della vulnerabilità degli esseri umani.
Il nostro abitare il mondo non può essere una dominazione, ma deve essere una coabitazione. Un concetto, questo, sviluppato anche nel libro “Les Lumières à l’âge du vivant” (“L’illuminismo nell’epoca degli esseri viventi”), uscito in Francia il 7 gennaio scorso, in cui l’autrice propone un nuovo Illuminismo. Il riferimento è al movimento filosofico del XVIII secolo, da cui Pelluchon riprende l’atteggiamento critico di fronte alla propria epoca storica e la capacità di riappropriarsi del proprio destino, per emanciparsi dai vecchi schemi e guidare il mondo verso una transizione ecologica.
“Credo che viviamo in un periodo estremamente pericoloso da un punto di vista sanitario, politico, sociale ed economico, a causa del nostro modello di sviluppo aberrante che genera delle enormi controproduttività ambientali, ma anche sanitarie e sociali, e che impone delle condizioni di vita e di morte spaventose agli animali”, sottolinea Pelluchon. Di fronte a questo rischio di “tracollo”, tuttavia, non bisogna arrendersi. “Credo che il futuro non sia già scritto. Possiamo tracciare un progetto di emancipazione, modificare i sistemi di produzione e di consumo, riorientare l’economia”.
Per fare tutto questo bisogna cambiare abitudini e stili di vita. Qualche segnale di cambiamento c’è già: “Ad esempio la preoccupazione dei giovani per il clima, e quella di un numero sempre maggiore di persone per le sorti degli animali”, dice. Ma se questo è l’inizio di un processo di cambiamento duraturo è troppo presto però per dirlo. Ecco allora che la pandemia potrebbe rappresentare l’occasione giusta per “guardare in maniera critica al nostro presente”, afferma la filosofa. Al contrario, “sarebbe davvero drammatico se, alla fine, l’umanità ricominciasse tutto come prima, senza aver imparato la lezione”.
Non sarà un cambiamento che potrà avvenire dalla sera alla mattina, ma avrà bisogno di tempo. Ed è proprio sull’orizzonte a lungo termine che entra in gioco la filosofia. “Siamo in un mondo dove le persone hanno bisogno di andare veloci, la filosofia non è veloce”, osserva Pelluchon, ricordando che il compito dell’intellettuale non è quello di imporre soluzioni dall’alto, bensì di “accompagnare la trasformazione”, indirizzandosi all’intelligenza di ciascuno, per provare a "cambiare in profondità il nostro sguardo sul mondo e il nostro modo di vivere".