“Non scrivere dove si trova la serra, mi raccomando”. Così, mentre stiamo percorrendo una stradina sterrata, in mezzo a dei campi appena arati, Stefano Caverzasio, si raccomanda per l’ultima volta di non svelare il luogo esatto della coltivazione. Il fondatore di Purexis ci sta conducendo alla sua piantagione di canapa light, quella “che non stona, ma rilassa”, quella pianta che per alcuni ha degli effetti assolutamente stupefacenti (ma non psicotropi) nel lenire sintomi e dolori di parecchie malattie.
Ci fermiamo. Scendo dalla macchina. Lo seguiamo. Apre una porticina di plastica. Entriamo. Basta un colpo d’occhio per scorgere centinaia di piante, in vasi allineati, come tanti soldatini. L’odore è pungente, quasi insopportabile. La canapa con un alto tenore di CBD (cannabidiolo, metabolita non psicoattivo della Cannabis sativa) è pronta al raccolto: “Questo è il frutto di anni di ricerca, crescono già con il THC (tetraidrocannabinolo, il più noto dei principi attivi del fitocannabinoide) basso, sotto l’1% consentito dalla Legge”.
Le FOTO della produzione di canapa light
Le radici della canapa sono ben piantate nel suolo ticinese e la richiesta del prodotto è in aumento. Il trend è mondiale, anche perché i consumatori cercano sempre più prodotti naturali e BIO. “Nelle nostre piantagioni garantiamo l’assenza di pesticidi chimici o altri fertilizzanti” assicura Caverzasio, prendendo una talea.
Ci aggiriamo tra le piante. A sorvegliarle numerose videocamere. Ma sul posto non c’è nessun guardiano con bastone o randello. Ormai siamo nell’era della canapa light 2.0: “Se si attiva il sistema di allarme parte una chiamata sia al centro di sicurezza che alla nostra sede di Manno. In questo modo possiamo verificare immediatamente di cosa si tratta”.
Dai campi al laboratorio
A Manno, all’interno di uno stabile commerciale, entriamo nell’ufficio/negozio dove vengono venduti i prodotti a base di canapa light. Durante la visita arrivano molti over cinquanta. “Ho dolori alla schiena”, dice uno. “Non riesco a dormire”, fa un altro. “Mia moglie ha il cancro”, racconta un terzo cliente. Tramite la canapa light, da fumare o sotto forma di capsule, mi spiegano, riescono a “trovare sollievo”.
I prodotti esposti sugli scaffali vengono prodotti qui a Manno. “Andiamo nel laboratorio, ma prima dobbiamo indossare i camici”, dice Caverzasio. Bardati come dei chirurghi entriamo in una stanza sterile. Molti macchinari fanno capolino sui banchi d’acciaio. “Qui produciamo le pastiglie, gli olii e le varie creme.
Il laboratorio di Purexis
Presto metteremo in produzione anche l’hashish light”, anticipa. Ma la legge è più veloce: produrre questo prodotto, second quanto riporta
l'Ufficio della sanità pubblica elvetica, è proibito.
Un boom di richieste, ma nessun ritorno dei canapai
Le richieste per la coltivazione e la vendita della canapa con il tenero di CBD alto è in netto aumento. La conferma giunge dal tenente Elia Arrigoni, responsabile della Sezione polizia amministrativa, della Polizia cantonale: "Abbiamo riscontrato un boom delle notifiche nel 2017". Parlando con lui capiamo però che la stagione dei canapai non avrà un ritorno di fiamma in Ticino. Tra il 2003 e il 2004, come in molti ricordano, i negozi che vendevano i noti "sacchetti profumati" erano spuntati come funghi in ogni angolo del cantone. La situazione finì con l'operazione di polizia denominata "indoor": 75 canapai abbassarono per sempre le loro serrande, 70 coltivazioni abusive furono scoperte e finirono in manette 132 persone.
"Per il momento abbiamo solo tre autorizzazioni alla vendita per quanto riguarda la canapa light – puntualizza Arrigoni –. Le sanzioni per chi avvia un business senza un regolare permesso o notifica possono arrivare fino a 100'000 franchi".
Mauro Botti