A Zarzis, città costiera del sud della Tunisia, a poco più di 70 km dal confine con la Libia, la pesca è sempre stata l’attività principale degli abitanti. Con la crisi libica e il rapido aumento delle partenze via mare dei migranti, è diventata, a causa di un gioco di correnti, uno dei luoghi in cui molti viaggi sulle rotte del Mediterraneo s’interrompono, il mare trattiene nella secca gli scheletri delle imbarcazioni che restano incagliate e restituisce alle spiagge i corpi senza vita di chi non ce l’ha fatta.
Chamseddine Marzough, pescatore e volontario della Mezzaluna Rossa tunisina, ha deciso che se non poteva dare un nome a queste persone, doveva almeno offrire loro una degna sepoltura. È nato così il Cimitero degli sconosciuti, che l’uomo gestisce personalmente e senza alcuna sovvenzione. Solo una tomba, in questo fazzoletto di terra arida, ha un nome, ed è quello dell’unica donna, Rose Marie, della quale Chamseddine ha avuto notizie dai parenti sopravvissuti allo stesso naufragio. Tutti gli altri restano senza identità, ma per ognuno di loro viene piantato un fiore, o un piccolo arbusto.
Ogni volta che hanno incontrato sulla loro rotta gommoni o barche di legno cariche di persone in difficoltà, i pescatori di Zarzis hanno salvato molte vite in mare. Proprio a seguito dell’ultimo atto di soccorso nei confronti di 14 migranti trainati verso Lampedusa, sei di loro fra i quali il presidente dell’Associazione dei pescatori locali sono stati arrestati in Italia con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione, e hanno trascorso in carcere quasi un mese.
Il loro impegno umanitario è stato riconosciuto a livello internazionale con la candidatura al Nobel per la Pace. “E se quel premio arriverà – promette Chamseddine – sarà destinato ad un nuovo cimitero, ma soprattutto ad un centro di accoglienza dignitoso per i migranti”.
Ilaria Romano - Romina Vinci