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Economia distrutta dal "pizzo"

I nuovi metodi dei clan mafiosi: non chiedono più soldi, ma li forniscono per salvare aziende in crisi nelle quali poi entrano come soci

  • 5 febbraio 2020, 06:51
  • 22 novembre, 20:08
04:40

Su la testa (2) - Storia di Maria Teresa

RSI/Massimo Lauria 05.02.2020, 09:53

«Per cinquant'anni abbiamo visto quello che accadeva e l'abbiamo sottovalutato. Le cosche hanno condizionato l'economia italiana e ora lo stanno facendo anche nei mercati europei. Oggi non si chiede più il pizzo in denaro, come prima. Ma in qualche modo i clan entrano nella compagine aziendale, a volte fornendo denari per salvare un'azienda in crisi, sempre con i propri metodi e le proprie regole, oppure chiedendo una provvigione in cambio di clienti e lavoro agli imprenditori a cui si rivolgono e che però diventano loro complici». Maria Teresa Morano è architetto e imprenditrice. Tra il 2011 e il 2012 è stata presidente nazionale della Fai, la Federazione antiracket italiana.

Nel 1992, i rappresentanti di una ndrina si presentano nell'azienda di famiglia, chiedendo 50 milioni di vecchie lire. Lei e il padre non pagano. Insieme ad altri 11 imprenditori si ribellano e denunciano gli estorsori. È la prima azione collettiva in Calabria. I poliziotti sono increduli. Iniziano le indagini, poi il processo e finalmente gli arresti. Le aziende che hanno avuto il coraggio di rompere il giogo del pizzo, sono ancora in attività. Chi ha deciso di pagare è stato spremuto e oggi non esiste più.

«Possiamo affermare che denunciare è l'unica strada per garantire l'esistenza di un'economia sana».

Massimo Lauria

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