Dopo le riforme del codice penale, la nuova intelligence e il piano nazionale contro la radicalizzazione, il cantiere sicurezza avviato alcuni anni fa da Consiglio federale e Parlamento conta ancora un paio di riforme legislative da portare a termine. Una di esse, quella su cui andremo a votare il prossimo 13 giugno, consiste in un pacchetto di provvedimenti preventivi da far scattare prima dell’apertura di un procedimento penale (o prima della sua riapertura se è già stata scontata una pena).
Di seguito le misure previste, che entrerebbero in vigore quando, “sulla base di indizi concreti e attuali”, “si suppone” che una persona “compierà attività terroristiche” (Art. 23e):
Obbligo di presentarsi (dinanzi alle autorità)
Divieto di avere (determinati) contatti
Divieto di lasciare il Paese (con ritiro documenti)
Divieto di accedere a determinate aree
Residenza coatta (arresti domiciliari, max 9 mesi)
Carcerazione in vista di rinvio coatto
A cosa servono?
La direttrice dell’Ufficio federale di polizia (FEDPOL) Nicoletta Della Valle dice: “Ci sono situazioni in cui la polizia ha le mani legate, si tratta di una lacuna che va colmata con questi provvedimenti preventivi”.
Questo aspetto viene fermamente contestato dal comitato contrario, in particolare dalle ONG: "Già ora è possibile intervenire contro chi sta preparando un crimine (per esempio comprando delle armi o intrattenendosi con altre persone che vogliono pianificare un attacco... o ancora formulando minacce o facendo propaganda su Internet" -dichiara Patrick Walder, responsabile delle campagne di Amnesty International-. Non c'è nessuna lacuna da colmare, basta applicare il diritto penale".
E Alicia Giraudel (giurista di Amnesty) aggiunge: “Per aprire un procedimento penale ci vogliono poche ore, soprattutto se la persona è conosciuta dai servizi di sicurezza”.
Votazione del 13 giugno sulle nuove misure di polizia contro il terrorismo: le considerazioni di Alicia Giraudel di Amnesty International
RSI/Gian Paolo Driussi 25.05.2021, 07:30
Per Nicoletta della Valle le cose non stanno proprio così -o meglio non sempre: “Talvolta gli elementi a disposizione non sono ancora sufficienti per aprire un incarto penale. Con queste misure si potrà guadagnare tempo”.
Votazione del 13 giugno sulle nuove misure di polizia contro il terrorismo: le considerazioni di Nicoletta della Valle
RSI/Gian Paolo Driussi 25.05.2021, 07:30
Il Comandante della polizia cantonale ticinese Matteo Cocchi, a “Millevoci-Democrazia diretta” ha inoltre fatto l’esempio del giovane che nel maggio 2018 stava per compiere una strage alla Scuola cantonale di commercio di Bellinzona: “Siamo intervenuti a 5 minuti dalla mezzanotte”, ha affermato.
Ma il tempo non è l’unica ragione a sostegno delle nuove misure. La ‘Rete integrata svizzera per la sicurezza’, che monitora la radicalizzazione dei giovani organizzando colloqui con quelli ritenuti più problematici, conta molto su di esse in quanto -afferma il delegato del Consiglio federale André Duvillard- “ad un certo punto questi ragazzi non sono più obbligati ad incontrarci e il loro percorso di reintegrazione nella società si interrompe”.
E i diritti umani?
Ma quali sono quegli “indizi concreti e attuali” (Art. 22e) che fanno presupporre il compimento di attività terroristiche? Ecco cosa diceva il Consiglio federale nel suo Messaggio al Parlamento:
Gli indizi concreti e attuali sussistono ad esempio allorquando una persona si isola dal suo contesto sociale abituale, iniziando a intrattenere contatti con ambienti in cui si incita, si giustifica o si esalta la violenza terroristica. (…) Anche l’intenzione di organizzarsi in gruppi all’interno o al di fuori dell’Europa o di recarsi nelle zone di conflitto può essere giudicata come un indizio concreto e attuale. Si pensi ad esempio alle segnalazioni inviate alla polizia da genitori in apprensione poiché la propria figlia o il proprio figlio, dopo aver seguito un percorso di radicalizzazione, intende ora recarsi all’estero per unirsi a persone che condividono le sue stesse idee. (…) Ulteriori esempi sono costituiti dalla creazione di profili sui media sociali, dalla diffusione (p. es. condividendo un «link») o dall’«approvazione» (cliccando il cosiddetto pulsante «mi piace») di contenuti terroristici.
Democrazia Diretta del 20.05.21 - Votazione del 13 giugno sulle nuove misure di polizia contro il terrorismo: il dibattito radiofonico moderato da Gian Paolo Driussi
Per i contrari alle nuove misure si tratta di spiegazioni “troppo vaghe”, di atti o comportamenti che o non sono illeciti (e che quindi in uno Stato di diritto non vanno né puniti né repressi) oppure, se contrari alla legge, già bloccabili sul nascere. Nel primo caso si procederebbe ad una notevole limitazione di alcune libertà fondamentali senza nemmeno un preavviso favorevole da parte di un giudice (eccetto che per gli arresti domiciliari).
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Si tratta dunque di provvedimenti contrari ai diritti umani? Sotto il profilo meramente formale no, dal momento che la legge prevede alcune eccezioni (per esempio per andare dal medico, per eventualmente andare al lavoro o per partecipare a celebrazioni religiose). Le nuove misure di polizia sono inoltre da concepire “a cascata”, con ogni singola applicazione che interverrebbe laddove il provvedimento precedente ha fallito. Infine, ricordano Governo e Parlamento, strumenti simili sono già conosciuti sia per contrastare la violenza domestica sia nella lotta all’hooliganismo.
Un po’ diverso il discorso riguardante i minorenni (i provvedimenti scatterebbero dai 12 anni in su, 15 per gli arresti domiciliari). Alicia Giraudel, giurista di Amnesty, afferma: “E’ vero, in Svizzera anche i minorenni sottostanno al diritto penale, ma esso è stato progettato affinché il loro interesse venga sempre al di sopra di ogni cosa, in particolare riguardo al loro sviluppo e alla loro riabilitazione. Alla detenzione si può dunque ricorrere solo quando si varca la soglia di un atto penalmente punibile”.
E Philip Jaffé, del Comitato ONU per i diritti del fanciullo, aggiunge: “Non si devono stigmatizzare i ragazzi .(…). Non bisogna ‘sovrareagire’ alla provocazione di alcuni adolescenti che trovandosi a disagio cercano di testare i limiti”.
Votazione del 13 giugno sulle nuove misure di polizia contro il terrorismo: le considerazioni di Philippe Jaffé del comitato ONU per i diritti del fanciullo
RSI/Gian Paolo Driussi 25.05.2021, 07:30
“Abbiamo molto a cuore il bene superiore dei bambini e dei ragazzi e proprio perché facciamo attenzione abbiamo a suo tempo fatto realizzare delle perizie sul testo di legge”, così la Consigliera federale Karin Keller-Sutter nel rispondere ad una domanda sul tema posta in conferenza stampa a Berna.
Votazione del 13 giugno sulle nuove misure di polizia contro il terrorismo: le considerazioni di Karin Keller-Sutter
RSI/Gian Paolo Driussi 25.05.2021, 07:30
Il comitato favorevole alle nuove misure di polizia per la lotta al terrorismo guarda infine a questi provvedimenti da una prospettiva positiva, proprio nell’interesse dei minorenni. Gli arresti domiciliari permetterebbero ad esempio di tenerli lontani dalle cattive compagnie in un ambiente protetto, in famiglia, aiutandoli nel loro percorso di reintegrazione ed educazione.
Tutti potenziali terroristi?
Un ulteriore argomento contrario alla nuova legge riguarda la definizione di terrorismo che verrebbe introdotta in Svizzera, un unicum che recita: “Sono considerate attività terroristiche le azioni tendenti a influenzare o a modificare l’ordinamento dello Stato, che si intendono attuare o favorire commettendo o minacciando di commettere gravi reati o propagando paura e timore” (Art. 23e).
Gli attivisti per il clima, i politici che nella dialettica delle campagne perdono le staffe con espressioni sopra le righe, i blogger su Internet… finirebbero tutti nel mirino, con tutto quel che ne segue in termini di sorveglianza ed eventualmente di misure repressive? No, assicurano Governo e Parlamento. Si tratta di una definizione ripresa dalla legge che disciplina i servizi informativi, affermano, e -ancora una volta- ci vogliono “indizi concreti e attuali” circa l’attuazione di attività terroristiche affinché la macchina si metta in moto. E ancora una volta il dibattito si riapre.
Gian Paolo Driussi