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Rifiuti per rifarsi una vita

Beirut, una megalopoli dove problemi sociali e ambientali si accumulano, ma dove nascono anche idee - Storie libanesi (1)

  • 30 marzo 2018, 07:38
  • 23 novembre, 02:08
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Recycle Beirut - Libano 1

RSI/Cristiano Tinazzi - Ruben Lagattolla 30.03.2018, 07:30

  • ©Ruben Lagattolla

Il Libano è un paese molto piccolo. Per fare un paragone, è circa la metà della Sicilia e un quarto della Svizzera, con una popolazione che viene stimata sui sei milioni e mezzo di abitanti. Dal 2011, anno dello scoppio della guerra in Siria, il paese ospita circa un milione e mezzo di rifugiati siriani.

Ma oltre a loro si devono calcolare circa 450mila rifugiati palestinesi e centomila iracheni. Il Paese vive anche una grave crisi occupazionale che si attesta intorno al 25%. Questi dati possono servire a far capire quanto sia difficile per un siriano o un palestinese vivere e lavorare nel Paese. E tutto questo, Sam Kazak, palestinese di 34 anni nato negli Emirati Arabi Uniti lo sa bene. Ma questo non è l'unico problema. Nel 2015 la chiusura di una delle maggiori discariche del Libano ha portato a una grave crisi dei rifiuti con manifestazioni e proteste. Così Sam ha un'idea: sviluppare un modello imprenditoriale sostenibile che possa coniugare attenzione per l'ambiente (ogni giorno a Beirut si producono tremila tonnellate di rifiuti) e un aiuto concreto nei confronti della fasce sociali più deboli, che siano libanesi o straniere. È così che nasce Recycle Beirut.

Cristiano Tinazzi

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