“L’anno scorso in questi prati c’erano capanne di legno dove vivevano migranti provenienti specialmente dal Corno d’Africa e dal Medio Oriente. C’erano anche dei piccoli negozi, dei ristoranti, delle chiese, delle biblioteche e dei teatri. Ora non c’è più nulla. Tutto quello che c’era è stato distrutto e sotterrato qui, sotto dalle ruspe”.
Il racconto è di Geremia Cometti, antropologo ticinese, ora professore alla facoltà di scienze sociali dell’Università di Strasburgo, che tra febbraio e giugno 2016 ha svolto una ricerca nel campo migranti di Calais. Noi l'abbiamo seguito in questo suo nuovo viaggio, a un anno dallo smantellamento della "Giungla", la più grande bidonville d’Europa.
Da dove provengono i migranti di Calais?
Fango e sabbia
Cosa resta, oggi, della Giungla dove fino ad ottobre 2016 erano accampati 7000 migranti? Una spianata di fango e sabbia. Dopo la decisione dell’allora ministro degli interni, Bernard Cazeneuve, l’emergenza non è però stata risolta: “Oggi sono circa un migliaio i migranti che trovano rifugio nei boschi della zona”, spiega un membro di Utopia 56, un’associazione che assiste i migranti a Calais. Utopia 56, con altre sei organizzazioni umanitarie, organizza pasti e viveri da portare a tutti i migranti sparsi nei dintorni della cittadina del nord della Francia. “Oggi non esiste più la Giungla come era prima, ma ci sono tante piccole “New Jungles”. Si trovano nei boschi qui accanto. Nascoste. Questi accampamenti non sono più tollerati dalle autorità, e i CRS (Corpi repubblicani di sicurezza) vigilano e distruggono le tende che vengono montate dai migranti”. Il nostro interlocutore prosegue e denuncia: “I mezzi repressivi sono sempre più incalzanti. La polizia taglia i sacchi a pelo e brucia le tende di fortuna, ma utilizza anche gas lacrimogeni, e compromette l’acqua con sostanze che la rendono non più potabile”.
I migranti per la maggior parte provengono dal Corno d'Africa e dall'Afghanistan
I dati pubblicati in ottobre dall’organizzazione umanitaria inglese Refuges data rights, dicono che la maggior parte dei migranti viene dall’Afghanistan (il 27%), ma molti vengono anche dall’Etiopia (23%), dall’Eritrea (22%) e dal Sudan (18%). Quasi tutti sono maschi soli. iI loro obiettivo: raggiungere il Regno Unito.
Il sogno inglese
“Un sudanese che ho conosciuto nella giungla di Calais è riuscito a passare in Inghilterra dopo più di 1 anno di tentativi”, ci dice una giovane della regione che si era messa a disposizione per insegnare francese all’interno della giungla. “Era nascosto in un camion. Il suo sogno era andare lì per lavorare. Non ha mai voluto chiedere asilo in Francia”. “La maggior parte delle persone che riesce a passare - precisa - lavora però molto spesso in nero o trova lavori precari”.
I controlli sono minuziosi e sempre più rigidi. La polizia presidia i punti caldi della città, quelli vicino ai campi migranti di fortuna, ma non solo. In tutta la zona del porto, nonché ai lati di strade e autostrade che portano al tunnel della Manica sono state erette delle ringhiere di protezione con filo spinato e telecamere di sorveglianza. Ma non solo la zona di Calais è sotto pressione. “Oggi, dopo il giro di vite messo in atto dalle autorità, i migranti si sono sparpagliati in tutta la regione. Molti si sono accampati a Dunkerque, comune che dista 30 chilometri - prosegue la nostra interlocutrice - . Un centinaio di migranti ha invece trovato rifugio in un terreno privato nella cittadina di Norrent-Fontes, dove un contadino li ospita. La polizia qui non può entrare a distruggere le tende. È un campo privato”.
I migranti rimasti nella cittadina francese sono un migliaio
Sesso ed età dei migranti: le percentuali
Più difficile prestare aiuto
Gli aiuti, nonostante la repressione delle forze dell’ordine, sono garantiti anche da gruppi di semplici cittadini che provengono da tutta Francia, ma anche dalla vicina Inghilterra. “Noi abbiamo creato questo Wifi-Bus. Giriamo mattino e sera per fornire il collegamento internet ai migranti che lo necessitano. Funziona con una grande antenna collocata sul tetto del veicolo. Inoltre possiamo anche fornire elettricità per chi vuole ricaricare i propri dispositivi”, ci dice Jean-Baptiste, un volontario.
Alle quindici in punto le ONG che lavorano all’ “Auberges des migrants” - un’organizzazione mantello che dal 2008 interviene in aiuto dei migranti - distribuiscono il cibo nelle varie parti della città. Una quarantina di volontari cucinano ogni giorno, preparano le coperte e le tende. Il loro "Auberge" funge infatti anche da centro logistico per lo stoccaggio del materiale da distribuire. La vita dei migranti resta comunque dura. Un vento gelido soffia forte quando lasciamo il campo migranti. L’inverno ormai alle porte non lascerà tregua a questo lembo di terra, quasi un limbo tra terra e mare.
Mattia Pacella