La controversa nuova legge sulla memoria storica adottata in Polonia, la cosiddetta legge sulla Shoah entrerà in vigore. Il presidente Andrzej Duda ha confermato che, dopo averlo sottoposto alla Corte costituzionale, firmerà il testo, malgrado le proteste di Israele, Stati Uniti ecc. e le perplessità di tanti studiosi. Tra di loro anche la storica tedesca Susanne Heim, coordinatrice del progetto di ricerca “La persecuzione e l’omicidio degli ebrei europei da parte della Germania nazionalsocialista” che alla RSI non nasconde il timore che l’esempio polacco possa fare scuola.
Susanne Heim
Perché in Polonia si è giunti a varare una legge del genere?
“La discussione era sul tavolo da tempo in Polonia e si è dibattuto molto sulla nuova legge, man mano che le ricerche sull’Olocausto e sul ruolo della Polonia progredivano. L'esigenza di dotarsi di una legge simile in Polonia è nata nel 2016, dopo le critiche sollevate da ricerche come quelle dello storico polacco-americano Jan Tomasz Gross, che ha lavorato sul pogrom di Jedwabne, in cui cittadini polacchi uccisero 380 ebrei, scalfendo dunque l'immagine di un paese vittima del nazismo, eroico nella difesa degli ebrei, che la Polonia di Duda intende oggi continuare a difendere”.
Quale fu l’atteggiamento dei polacchi nei confronti degli ebrei?
“Va riconosciuto che molti polacchi aiutarono gli ebrei a nascondersi, ma questi vivevano nella costante paura di essere denunciati dai vicini; molti li tennero al sicuro finché avevano i soldi poi li consegnarono ai tedeschi”, evidenzia la storica sottolineando al contempo che “ciò non significa che i polacchi siano responsabili della Shoah, ma che ci sono fatti e zone d'ombra da indagare. Ciò che la nuova legge rende assai difficile fare perché vieta di tematizzare questioni come la partecipazione dei polacchi nella persecuzione della comunità ebraica locale”.
Quali conseguenze avrà la legge per ricerche come quelle da lei coordinate?
“Abbiamo pubblicato tre volumi di documenti dedicati alla Shoah in Polonia, due dei quali toccavano l’antisemitismo, il collaborazionismo di privati cittadini così come l'aiuto fornito da singoli cittadini polacchi nella persecuzione degli ebrei. Con la nuova legge simili lavori potrebbero non vedere la luce, almeno in Polonia”.
Ora cosa teme?
“Il problema è che potrebbe fare scuola. Molti paesi vorrebbero riscrivere la loro storia durante la Seconda Guerra mondiale, per renderla funzionale all’identità nazionale. Un problema che abbiamo anche in Germania, con l’AFD che chiede la fine della colpevolizzazione di noi tedeschi per i crimini commessi dai nazisti, una richiesta che va nella medesima direzione dei polacchi e che occorre neutralizzare.”
In questa fase, la Polonia sembra non essere in grado di confrontarsi con il proprio passato ed elaborare la propria memoria storica. Quale lo sguardo su questo punto di una storica e ancor prima una cittadina tedesca che è stata invece costretta a guardare in faccia, dolorosamente, alla propria storia?
"Certo, è davvero scomodo confrontarsi con tale mostruosità e interrogarsi sulle proprie responsabilità, ma non si può nascondere la storia o limitarsi agli aspetti non problematici, perché i fatti continuano comunque a riemergere e a tradirti. Sottolineo però che non si può paragonare le colpe dei tedeschi con quelle dei polacchi, la situazione è totalmente diversa. Noi tedeschi infatti non possiamo abbellire la realtà. Ma è evidente che è un esercizio scomodo confrontarsi con la storia".
Zone d’ombra da indagare
L’AFD in Germania chiede la stessa cosa
Lo scomodo confronto con la storia
Anna Valenti
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