Due bambini, uno in Kazakhstan e uno in Russia, sono morti per una disfunzione al fegato dopo la somministrazione del Zolgensma, un farmaco della Novartis. La notizia, confermata venerdì dalla società farmaceutica basilese, riapre le discussioni sui forti effetti secondari (già conosciuti) di questa terapia, approvata nel 2019 negli Stati Uniti e per ora provvisoriamente (per 2 anni) nel 2021 da Swissmedic. Un trattamento, tra l'altro, che al momento del via libera della Food and Drug Administration era il più caro in assoluto sul mercato: 2,15 milioni di dollari per dose (al paziente ne viene somministrata una sola per infusione).
"Dopo due decessi in breve tempo e d'accordo con le autorità sanitarie aggiorneremo le avvertenze e renderemo attenti sul fatto che si sono registrati casi mortali di disfunzioni epatiche acute", si legge nella nota del gruppo renano, che rimane convinto del rapporto costi-benefici di questa cura contro l'atrofia muscolare spinale, una rara malattia neurodegenerativa ereditaria, che nei casi più gravi porta all'atrofia e alla paralisi di funzioni muscolari anche vitali, con conseguenze fatali spesso prima dei due anni di età.
Che danneggiasse il fegato era come detto già noto e infatti la somministrazione viene accompagnata da quella di farmaci per contrastare questo effetto collaterale indesiderato, ma fin qui su 2'300 malati trattati non si erano mai verificate morti per questo motivo.