La barriera corallina che sbianca, lo sviluppo di alghe tossiche, l’impatto negativo sulla pesca, la sparizione di numerose specie ittiche atte all’alimentazione, l’aumento della mortalità di uccelli marini, balene e otarie, sono alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici in atto anche nei mari e negli oceani. Gli espisodi di “canicola marina” sono in costante aumento e minacciano gli ecosistemi marini.
Uno studio pubblicato mercoledì dalla rivista Nature e realizzato principalmente da Thomas Frölicher dell’Istituto di fisica dell’Università di Berna, ha constatato, su dati satellitari che misurano la temperatura degli oceani, che i casi di "canicola marina" sono più che raddoppiati tra il 1982 e il 2016.
Lo studio dimostra, per la prima volta, che il surriscaldamento marino è dovuto molto probabilmente al riscaldamento terrestre provocato dalle attività umane. I fenomeni, secondo lo studio, rischiano di aumentare in modo esponenziale con la crescita delle temperature terrestri. Il numero di giorni nei quali si producono temperature anormalmente calde nelle acque rischia di passare dai circa 33 attuali a oltre un’ottantina se la temperatura planetaria aumenta di 2° e fino a 150 se l’aumento sarà di 3,5°, toccando una porzione marina che si è già moltiplicata per tre rispetto all’epoca preindustriale e che potrebbe passare a nove o 21 volte tanto a dipendenza dei gradi di surriscaldamento.
ATS/AFP/Swing