Scienza e Tecnologia

Quell’idea del tubo

Hyperloop, l’avveniristico progetto di treno ultrarapido (ri)proposto da Elon Musk nel 2013 ricorda tanto il nostro SwissMetro: ma vedrà un giorno la luce in fondo al tunnel?

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  • © Swisspod Technologies
Di: Cesare Bernasconi/red. il giardino di Albert 

Ci sono idee scientifiche e imprenditoriali che in poco tempo vengono sviluppate e rese disponibili a noi utilizzatori finali e altre idee, invece, che impiegano decenni – se non secoli – a germinare, senza mai davvero giungere a maturazione. Idee che partono da lontano, con paternità e maternità spesso confuse o irrintracciabili. Una di queste riguarda l’impiego di tubi d’acciaio depressurizzati, dove possano sfrecciare dei treni a velocità folli (fino a 1000 km/h) su un cuscinetto d’aria o grazie alla levitazione magnetica. Se l’idea dei tubi in senso stretto è diventata presto realtà – il “Tube” metropolitano londinese venne inaugurato già nel 1863 – lo stesso non si può dire di un’infrastruttura a tutti gli effetti, che combini tubi sottovuoto, alta velocità e levitazione magnetica in un’ampia rete di trasporto nazionale o internazionale. 

Il primo timido seme di questa idea lo dobbiamo probabilmente all’inventore britannico George Medhurst, nel XVIII secolo. Medhurst, pioniere dell’uso dell’aria compressa come mezzo di propulsione, depositò un brevetto per un sistema che poteva spostare merci attraverso un sistema di tubi di ferro nel 1799. 

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  • Coloured etching by W. Heath, 1829. NonCommercial 4.0 International (CC BY-NC 4.0). Source: Wellcome Collection.

Questo seme – mobile e leggero come quelli del dente di leone – probabilmente giunse nella fantasia di Jules Verne. Anzi: di Michel Verne, suo figlio. Nel curioso romanzo breve del 1889 - attribuito comunque a Jules – dal titolo “La giornata di un giornalista americano nel 2889”, l’autore si proietta mille anni più avanti. Vede cose straordinarie come le “téléphotes” (oggi le chiameremmo videoconferenze), “fototelegrammi” da Marte, Mercurio e Venere, l’energia solare e … tubi pneumatici che trasportano passeggeri attraverso gli oceani a 1500 km/h! Potremmo aggiungere che molte delle idee vennero – come dire – “prese a prestito” dallo scrittore e illustratore visionario Albert Robida (1848-1926). Ma ci fermiamo qui. Le idee, si sa, se non sono orfane allora soffrono del male opposto: hanno troppi genitori. 

All’inizio del ‘900 ci pensa Robert Goddard – padre della missilistica americana – a delineare un sistema di treno-proiettile all’interno di tubi depressurizzati. Progetto poi ripreso e perfezionato dal suo allievo: l’inventore ed elettricista americano di origine francese Emile Bachelet. Nel marzo 1912, Bachelet ottenne un brevetto per un “apparato di trasmissione levitante” dall’ufficio brevetti degli Stati Uniti. L’invenzione è descritta come “una macchina per trasferire corpi a velocità molto elevata da un punto a un altro”. Più o meno nello stesso periodo spunta anche il nome di Boris Petrovich Weinberg, capo del Dipartimento di fisica al Politecnico di Tomsk in Siberia. Il suo progetto “Motion without Friction” suscita qualche interesse in America, ma nulla di più.

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Disegno di Boris Petrovich Weinberg in "The electrical Experimenter" (1917)

  • copyright The International Maglev Board

Nel periodo tra le due guerre mondiali il seme dell’idea perde decisamente slancio. La scienza e la tecnologia partecipano allo sforzo bellico con innovazioni che si rivelano certamente interessanti e utili anche sul piano civile, ma bisognerà attendere ben oltre l’immediato dopoguerra per vedere la rinascita dell’idea del tubo. In Europa va citato l’audace progetto dell’ingegnere palermitano Giovanni Lanzara. A partire dal 1968 sviluppa nel capoluogo siciliano i primi sistemi di trasporto a levitazione con cuscini d’aria. I finanziamenti vengono interrotti qualche anno più tardi e il progetto giace tuttora nei cassetti della Biblioteca centrale della Regione Sicilia.

Ma sarà la Svizzera a ridare una speranza apparentemente più concreta alla ormai bi-centenaria “idea del tubo”

Nel 1974 l’ingegnere del Politecnico federale di Losanna (EPFL) Rodolphe Nieth propone lo “Swissmetro”. Anche in questo caso si trattava di un treno a levitazione magnetica che avrebbe dovuto viaggiare in gallerie sotterranee sottovuoto. L’obiettivo era quello di collegare i centri urbani con un sistema di trasporto moderno, sostenibile e ultraveloce, senza alcun impatto sulle aree abitate, sui paesaggi o sugli ecosistemi alpini. Il tempo di percorrenza tra Berna e Zurigo, ad esempio, si sarebbe ridotto a soli dodici minuti. La fattibilità del progetto fu confermata dal team del Prof. Marcel Jufer, allora vicepresidente per la formazione all’EPFL. Alla fine degli anni ‘90 fu presentata la domanda di concessione per una tratta pilota tra Ginevra e Losanna. Il progetto sembrava davvero avere il vento in poppa, ma all’epoca la Confederazione era già coinvolta in altri progetti di infrastrutture nazionali (Ferrovia 2000 e NTFA) e, a difetto di finanziamenti adeguati, il progetto naufragò e la società Swissmetro venne sciolta nel 2009. 

14:15

SwissMetro

Falò - "Swissmetro la forza delle idee" di Enrico Pasotti 14.10.2010, 21:00

E poi nel 2013 arriva Elon Musk con un progetto dall’iperbolico nome di “Hyperloop”

Di fatto, Musk non fa altro che riprendere le migliori tecnologie di tutti i progetti precedenti, per un’idea del tubo che in realtà non ha nulla di veramente innovativo. Proposta in un primo momento come un’alternativa più avanguardistica rispetto alla rete ferroviaria ad alta velocità della California, “Alpha Hyperloop” avrebbe dovuto collegare San Francisco a Los Angeles in soli trenta minuti. A differenza di Swissmetro, i tubi di Hyperloop non sono però sotterranei. Certo, il merito di Musk è di aver rivitalizzato l’idea con la potenza del suo clamore mediatico globale. Lancia così una sfida agli ingegneri di tutto il mondo e incoraggia la ricerca e la collaborazione tra le aziende. A prima vista sembra un successo. Un progetto infine destinato a essere realizzato davvero. Un po’ come è avvenuto con la sfida dell’auto elettrica, in cui Musk è riuscito in pochi anni a dettare l’agenda tecnologica, commerciale e infrastrutturale dell’industria automobilistica mondiale. Ma Hyperloop non è Tesla. E nemmeno SpaceX. Musk fa quindi decollare il “Movimento Hyperloop” … tranne affermare qualche tempo dopo di volersi però dedicare personalmente soltanto alle sue imprese già avviate. Per alcuni anni – dal 2015 al 2019 - organizza un “Hyperloop Pod Competition”: una gara dove vari team internazionali devono progettare e costruire un prototipo di veicolo di trasporto in scala ridotta per dimostrare la fattibilità tecnica di vari aspetti del concetto di Hyperloop.

In realtà il giornalista scientifico canadese Paris Marx – profondo conoscitore dell’universo targato Musk – ravvede nel progetto Hyperloop una mossa da prestigiatore da parte del mago Elon: sventolare la mano destra (Hyperloop, appunto) mentre la sinistra nasconde l’essenziale del trucco. Cioè?

Musk pubblica la sua proposta Hyperloop nel 2013, dopo che il progetto ferroviario ad alta velocità della California (CAHSR) era stato approvato dagli elettori, ma prima che la costruzione fosse iniziata. Un’astuta mossa, insomma, per sabotare i progetti statali? Musk non ha mai fatto mistero della sua avversione per il CAHSR. E propone improvvisamente un nuovo futuro: un tubo a vuoto che avrebbe sparato i passeggeri  tra San Francisco e Los Angeles in mezz’ora e sarebbe costato solo 6 miliardi di dollari! Musk, a ben vedere, ha un interesse finanziario nel mantenere il predominio del trasporto individuale nel ventunesimo secolo. Beh, sì: dopotutto gestisce un’azienda automobilistica, giusto? Il trasporto pubblico e l’alta velocità ferroviaria sono contrari ai suoi interessi, motivo per cui – sostiene Paris Marx –

diffonde idee che non si concretizzeranno mai, ma possono essere utilizzate da certi gruppi per fare campagna contro i finanziamenti per un vero trasporto pubblico efficiente.

Paris Marx “The Hyperloop Can’t Save Us” - Jacobin 06.06.2022

Marx fa infine notare che sistematicamente, in occasione di iniziative di voto sul trasporto pubblico, alcune aziende tecnologiche della Silicon Valley utilizzerebbero il car sharing, il ride hailing o le vetture a guida autonoma come argomenti per spingere gli elettori ad opporsi a nuove proposte di finanziamenti per autobus e metropolitane, indicandoli come tecnologie del passato.

Va detto che quella di Marx è un’analisi del tutto opinabile. Tuttavia, è innegabile che molti specialisti del settore hanno puntato il dito contro le molteplici criticità di un progetto Hyperloop. A partire dai costi dell’infrastruttura e dal consumo energetico: di gran lunga superiori a quelli descritti da Musk. Carlo van de Weijer, direttore generale dell’AI Systems Institute presso il Politecnico di Eindhoven, vede inoltre dei problemi di sicurezza molto seri: dalla violenta e letale implosione se il tubo dovesse rompersi o se i giunti di dilatazione dovessero cedere, alla gestione delle incognite legate alla sismicità e soprattutto i costi di manutenzione. In realtà la lista delle criticità ancora irrisolte è piuttosto lunga. Significa davvero che l’idea del tubo è irrealizzabile? 

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  • IMAGO/ANP

Oggi questa “idea del tubo” è una fitta e variegata galassia di realtà scientifiche e imprenditoriali nate in tutto il mondo, in cui la Svizzera si è ritagliata uno spazio e una reputazione degni di nota

A primeggiare sono i due Politecnici federali. Tra Losanna e Zurigo è una pletora di iniziative scientifiche sfociate in altrettanti progetti di ricerca. Da EPFLoop a Swissloop, passando da Eurotube, Swisspod, Swissloop Tunneling, senza dimenticare la folta eredità di Swissmetro, confluita nella comunità d’interessi “SwissMetro-NG” fondata nel 2017, il cui obiettivo è quello di promuovere un sistema di trasporti ad alta velocità in Svizzera. Senza troppo clamore, centinaia di scienziati stanno sviluppando know-how e tecnologie di punta che – come fu d’altronde il caso con Swissmetro – nella peggiore delle ipotesi saranno vendute singolarmente a governi o a grandi aziende tecnologiche sparse nel mondo, e nella migliore delle ipotesi costituiranno la base per rimettere sul tavolo, in Svizzera, quella tanto tenace quanto affascinante idea del tubo. 

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  • © 2024 EuroTube Foundation

Ammettendo di risolvere tutte le criticità, l’anello debole rimarrà la paura. Non quella di essere proiettati a 1000 km/h in un tubo, ma quella della politica e della finanza. Una paura assai ben illustrata in un romanzo fantascientifico del 1913 dello scrittore tedesco Bernhard Kellermann, “Der Tunnel”. Vi si racconta della costruzione di un avveniristico tunnel transatlantico che collegherà tramite ferrovia il continente europeo a quello americano. Il gigantesco progetto innesca una vera e propria battaglia tra nazioni e cambia il volto del mondo del lavoro e della finanza, con conseguenze umane, psicologiche e sociali disastrose. Dopo 25 anni, il tunnel viene infine inaugurato … ma è ormai obsoleto, poiché ora gli aerei attraversano l’Atlantico in poche ore. 

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  • Phantast987 - Fischer Verlag (1913) copertina di Hans Baluschek

Non v’è finanziatore, investitore, o governo che non sia ossessionato da questo timore nei progetti che presuppongono infrastrutture ciclopiche. Specialmente in un’era, la nostra, dove l’incedere dell’innovazione ha assunto ritmi decisamente imprevedibili. Saremo ancora all’avanguardia? E se nel frattempo emergesse un’altra tecnologia più economica e performante? E allora vi lasciamo con questo dubbio amletico che fa il verso a un libro fotografico di Claudio Bolzani: “tubi or not tubi”? Rimane il dilemma e con esso quell’ostinata idea del tubo!

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Il giardino di Albert 01.02.2025, 17:00

  • Keystone
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