Janine ci raggiunge durante una pausa del lavoro. Ritorna nei locali dell’associazione Astrée che a Losanna accoglie vittime di tratta. Spesso torna a salutare, ha nostalgia. Ha vissuto in queste stanze, ora abitate da altre donne. All’inizio non voleva uscire dalla camera e non capiva perché tutti le chiedessero come stava, la infastidiva. “Poi ho capito che è la gentilezza; non sai cos’è quando sei sfruttata.” E lei, nello sfruttamento, ci ha vissuto dieci anni.
Per la criminalità organizzata, la tratta di esseri umani rappresenta una delle attività illegali più lucrative, insieme al traffico di droga e di armi.
Un reato difficile da denunciare
La tratta di esseri umani è una realtà in Svizzera. Circa 500 vittime ricevono assistenza da parte delle associazioni di sostegno. E le statistiche non sono complete. Nella maggior parte dei casi lo sfruttamento è di tipo sessuale, con le lavoratrici del sesso particolarmente esposte. Negli ultimi anni le associazioni hanno registrato un aumento dello sfruttamento nell’edilizia e nei lavori domestici e un incremento degli uomini tra le vittime. Tuttavia, la tratta rimane un crimine fortemente legato al genere, colpendo in maggioranza le donne (75,5%).
Nonostante l’aumento delle vittime individuate, circa 200 solo l’anno scorso, pochissimi casi arrivano a condanna. Nel 2023, in tutta la Svizzera, le condanne sono state solo otto. Il numero di vittime è quindi molto più elevato di quello delle condanne. Questo perché la tratta è un reato difficile denunciare.
Ricatti personali e violenza di ogni genere
All’associazione Astree incontriamo donne che stanno intraprendendo un percorso di denuncia. Non sono obbligate a farlo. Qui, unica struttura in Svizzera interamente finanziata con fondi pubblici, hanno il tempo e le condizioni per ricostuirsi. Janine, ad esempio, non ha deciso di denunciare subito: “Solo dopo aver costruito la fiducia in me stessa, attraverso lo studio e il lavoro, sono arrivata a dire: non voglio più che mi venga fatto del male”, racconta alle telecamere di Falò.
La tratta rimane nell’ombra perché spesso basata su ricatti personali e violenza psicologica oltre che fisica. Uno dei metodi più usati è quello del “loverboy”: individui che instaurano relazioni con giovani donne, le rendono dipendenti affettivamente e le spingono ad isolarsi dalla loro rete sociale.
“Il primo cliente non lo posso dimenticare”
A Zurigo, sulla Langstrasse, dove sono concetrati i locali erotici, parliamo con Ella. Ha 23 anni, è tedesca. “La mia storia comincia in una famiglia dove non ricevo affetto e riconoscimento, mia madre ci abbandona per problemi di tossicodipendenza”. A 18 anni Ella conosce il suo sfruttatore che la riempie di attenzioni, regali, promesse. Così lascia la scuola e finisce in un bordello. La dipendenza affettiva è già stata creata. In nome di un progetto di vita insieme, lui le prende ogni settimana tutti i soldi. “Il primo cliente non lo posso dimenticare, ho separato il corpo dall’anima pensando di riuscire a sopportarlo”. Poi arrivano la violenza e la brutalità delle esperienze vissute come prostituta: “Ho velocemente perso me stessa e la mia identità, nessuno lo poteva vedere da fuori”. È stata aiutata da Heartwings, un’associazione che svolge un lavoro di prossimità con le prostitute sulla Langstrasse.
Lungo la Langstrasse
“Per combattere questo crimine bisogna proteggere le vittime”
I responsabili della tratta rimagono spesso impunti, mentre le vittime rischiano l’espulsione per soggiorno illegale o mancanza di permesso di lavoro. Chi denuncia non ha diritto ad un permesso di soggiorno.
Marian, portata via dalla Nigeria con false promesse e costretta a prostituirsi, ha denunciato i suoi sfruttatori basati in Svizzera. Tuttavia rischia di non vedere rinnovato il permesso.
“La protezione delle vittime è essenziale per perseguire gli autori della tratta. Se in Svizzera vogliamo combattere questo crimine, dobbiamo proteggere le vittime”, afferma ai nostri microfoni Angela Oriti direttrice di Astrée.
Il Consiglio d’Europa (GRETA) rilancia le critiche della Piattaforma Tratta, rete delle ONG svizzere impegnate sul tema, sulle disparità di risorse tra cantoni nella lotta alla tratta.
Per contrastare la tratta servono servizi specifici che attualmente esistono solo nel Vaud, a Zurigo e a Ginevra. Nei cantoni dotati di questi servizi, i casi emergono. Dove mancano, la tratta rimane un fenomeno sommerso.
Un esempio critico è il Ticino.
In controtendenza rispetto alla media nazionale, la tratta in Ticino è pressoché inesistente, secondo i dati della polizia cantonale che negli ultimi cinque anni non ha identificato nemmeno una vittima.
“È poco plausibile”, commenta Angela Oriti. Nel 2023 ci sono stati quasi 300 nuovi annunci di lavoratrici del sesso. Nei 9 locali e 24 appartamenti autorizzati sono circa 180 le lavoratrici attive in un solo giorno del fine settimana.