La decisione del Consiglio federale di vietare le adozioni internazionali in Svizzera - un progetto di legge sarà elaborato entro la fine del 2026 - non lascia indifferenti le organizzazioni che si occupano di questo ambito, come Nicoletta Gagliardi della Chaba di Locarno, intermediario riconosciuto per l’adozione di bambini dalla Thailandia che già in settembre aveva annunciato la cessazione di questa attività una volta concluso il percorso delle famiglie che sta seguendo. Questo di fronte agli importanti cambiamenti che l’adozione internazionale sta attraversando, anche nei Paesi di provenienza dei bambini. “Quello che mi preoccupa e mi fa male di questa decisione è il messaggio che ritengo sbagliato, ovvero che le adozioni sono illegali”, ha detto Gagliardi a SEIDISERA della RSI. “Ci sono stati degli abusi terrificanti. È verissimo, assolutamente, ma bisogna contestualizzarli e vedere in quale periodo storico sono avvenuti. E poi sembra che siano quasi sporadiche le adozioni legali, corrette, trasparenti”.
“Mi domando anche se ci si rende conto”, ha proseguito, “quale impatto la decisione ha sulle famiglie. Quelle che stanno affrontando il percorso, ovviamente, ma anche quelle che lo hanno concluso e che sono convinte e sicure di aver fatto le cose nel modo più trasparente possibile”.
“Se io fossi una persona che è stata adottata, quali domande mi porrei?”, si è chiesta Gagliardi ai nostri microfoni. Con il divieto, a suo avviso, “si va un po’ a rovinare quello che è davvero il senso profondo dell’adozione, che è dare la possibilità a un bambino di avere una famiglia e a una coppia di diventare famiglia, che è qualcosa di straordinario. E invece mi sembra che tutto diventi sporco. (...) Trovo che è un effetto che forse non si è considerato in questa riflessione, in questa decisione”.
Da ultimo, i tempi che sono cambiati. Lo studio che ha scoperchiato gli abusi del passato “si rifà alle adozioni, se non ricordo male, avvenute nel secolo scorso e fino agli anni 2000. Siamo nel 2025, in un quarto di secolo sono cambiate molte cose a livello nazionale, anche con la Convenzione dell’Aia, che è stata sottoscritta anche dalla Svizzera”.