“La capsula Sarco ci mette di fronte alle nostre contraddizioni, perché in Svizzera vogliamo due cose che sono incompatibili: vogliamo che il suicidio assistito sia una morte non medicalizzata, ma allo stesso tempo chiediamo le garanzie che la medicina porta con sé”. Così esordisce la dottoressa Samia Hurst-Majno, vicepresidente della Commissione nazionale d’etica per la medicina, commentando quanto successo lunedì nei pressi di Sciaffusa.
La polizia locale - lo ricordiamo - ha reso noto che una donna ha messo fine alla propria vita utilizzando il dispositivo e che diverse persone sono state arrestate. Nei giorni scorsi, anche la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider aveva preso posizione sulla capsula, ribadendo la sua non conformità alla legge svizzera.
“È possibile che questo caso incoraggi il Parlamento a riaffrontare la questione del suicidio assistito a livello federale, nonostante gli ultimi tentativi di modificare la legislazione siano falliti” aggiunge Hurts-Majno, ricordando che diversi Cantoni hanno già leggi specifiche su alcuni aspetti della questione.
La Svizzera non è l’unico Paese ad autorizzare il suicidio assistito; tuttavia, a differenza di altri, consente la procedura anche a persone che non sono medici e, paradossalmente, le regole per loro sono meno rigide. Ecco perché, ci spiega la dottoressa, la capsula Sarco è stata testata qui.