Con le votazioni finali di oggi, l’applicazione del 9 febbraio ha così avuto definitivamente il suo suggello da parte delle Camere. Dopo dibattiti intensi, polemiche, divergenze e rimpalli fra un ramo e l’altro del Parlamento. Non poteva andare altrimenti, viste tutte le implicazioni e le divisioni su quello che era il dossier centrale della sessione d’inverno. Dal primo approccio al tema, delineato dal Nazionale già in settembre, si è così giunti ad una soluzione decisamente tesa a preservare la libera circolazione con l’UE.
Modello Müller realtà
Il “modello Müller”, dopo alcuni aggiustamenti di tiro, è quindi realtà: incentrato sulla consistenza del tasso di disoccupazione, esso verrà applicato agli ambiti lavorativi o alle regioni economiche in cui saranno riscontrate carenze d’impiego superiori alla media. I datori di lavoro saranno così vincolati ad annunciare i posti vacanti agli Uffici regionali di collocamento. Seguiranno i colloqui con i disoccupati selezionati dai centri regionali. Le imprese, tuttavia, non avranno alcun obbligo a produrre motivazioni per le mancate assunzioni. Dovranno semplicemente notificare ai servizi di collocamento l’esito delle loro procedure.
Il ruolo del Governo e dei cantoni
In caso d’inefficacia di queste misure, spetterà al Governo la presentazione di ulteriori provvedimenti. Quanto ai cantoni, essi avranno in presenza di problemi seri la facoltà di proporre interventi supplementari: una possibilità di cui all’occorrenza potrebbe segnatamente avvalersi il Ticino, vista la specifica pressione che si registra sul suo mercato del lavoro.
Rapporti con l'UE preservati
Esclusi contingenti, tetti massimi o preferenze nazionali, queste modifiche del diritto interno dovrebbero quindi contribuire a rasserenare il quadro delle relazioni fra Svizzera e UE. La continuità dell’accordo sulla libera circolazione appare preservata e il Consiglio federale ha già deciso di ratificare il protocollo concernente la sua estensione alla Croazia. Tale ratifica - va ricordato - consentirà il completo reintegro della Svizzera nel programma di ricerca “Orizzonte 2020”, da cui la Confederazione venne parzialmente esclusa proprio dopo il “sì” all’iniziativa sull’immigrazione di massa.
Nuova iniziativa
Ben diversamente, invece, potrebbero andare le cose sul piano interno. Quella che avrebbe dovuto essere l’applicazione di una norma sull’immigrazione si è sostanzialmente risolta in una regolamentazione sulla disoccupazione. E il testo scaturito dalle Camere non è certo in linea col dettato dell’articolo costituzionale approvato due anni fa. L’UDC, che ne è stata promotrice, denuncia quindi un affronto alla volontà popolare, sottolineando - inoltre - che anche stranieri e frontalieri possono registrarsi ai centri di collocamento.
I democentristi, visto l’esito dei lavori parlamentari, hanno rinunciato all’idea di lanciare un referendum contro la normativa appena adottata. Ma già all’orizzonte si profila una nuova iniziativa diretta, stavolta, contro la libera circolazione delle persone. È stata l'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) ad annunciarla già stamani. Ed era stato nei giorni scorsi lo stesso presidente UDC, Albert Rösti, a evocarla contro la prospettiva di ulteriori e sensibili crescite dell’immigrazione. I democentristi si dichiarano ora pronti a tornare all'offensiva, se il Governo non presenterà un'ordinanza d'applicazione conforme alla volontà popolare.
Fra ordinanza e iniziativa "RASA"
Le attese, quindi, si focalizzano sull'ordinanza del Consiglio federale, come pure sulle valutazioni dei cantoni e degli ambienti politici ed economici. Il Parlamento ha detto la sua, ma sul terreno dell'applicazione, come abbiamo visto, persistono incognite di peso. Senza poi dimenticare che il popolo dovrà in ogni caso esprimersi su un altro testo, di portata sistematica: quell’iniziativa "RASA", formalmente riuscita alla fine del 2015, che punta alla soppressione pura e semplice dell’articolo costituzionale sull’immigrazione di massa.
Alex Ricordi
Dal TG12.30: