I due decessi sono avvenuti in poco più di un mese nelle celle della stessa stazione di polizia in centro a Ginevra. Due vicende diverse sotto molti aspetti, ma che sollevano le stesse domande sull’applicazione delle norme e delle direttive in caso di detenzione.
Per la prima vittima - un ventenne residente illegalmente in Svizzera trovato morto lo scorso 3 gennaio - si sta seguendo la pista del suicidio. Il secondo caso, accaduto giovedì 22 febbraio, riguarda invece una ragazza ventunenne, già nota alle forze dell’ordine per consumo di droghe e furto. Stando a indiscrezioni di stampa, le indagini avanzano nella direzione dell’overdose.
Queste circostanze non potevano lasciare indifferente la commissione del Gran Consiglio, incaricata di esaminare le condizioni di incarcerazione. Tra sabato e domenica la stessa ha effettuato un controllo a sorpresa nella stazione dove erano in stato di fermo i ragazzi, dichiarandosi poi lunedì in un comunicato seriamente preoccupata, senza però aggiungere dettagli. A parlare è invece la consigliera dei verdi Dilara Bayrak, che da tempo si occupa della situazione di detenzione a Ginevra: “Bisogna capire come sia potuto succedere. Bisogna chiedersi se i diritti fondamentali sono stati rispettati” aggiungendo che i giovani “erano semplicemente in stato di fermo. Chiunque, anche la persona più innocente, potrebbe trovarsi in questa situazione”.
Secondo Dilara Bayrak a rimetterci è anche l’immagine di sicurezza che deve rappresentare la polizia. In quei locali non si sono telecamere, ma normalmente le celle sono sorvegliate dagli agenti. Inoltre, prima di essere rinchiusa, la persona viene perquisita e tutto ciò che può servire per ferire o ferirsi viene tolto o dovrebbe esserlo.